giovedì 31 gennaio 2013

Apocalisse 5,1-7


Il libro dei sette sigilli e l'Agnello
1 E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. 2Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». 3Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. 4Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo.
5Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli».
6Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. 7Venne e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono.

v. 1 E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli.

E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono un libro: Giovanni vede nella mano destra (simbolo dell’autorità, ma anche della mano che colpisce  e regge la spada) di Colui che siede sul trono un libro (un papiro). Leggiamo a questo riguardo Ezechiele cap.2 che si conclude con "...teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'interno e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai.".
scritto sul lato interno e su quello esterno: scritto dentro e fuori perché contiene il piano di Dio relativo all’avvenire della Chiesa e del mondo, cioè tutto ciò che deve essere rivelato e che solo Cristo può svelare.
sigillato con sette sigilli: la pienezza di quanto deve essere rivelato è contenuto in questi sette sigilli: sette tappe fondamentali nelle quali vanno letti e contestualizzati tutti gli altri simboli. Tutti i settenari sono contenuti nei sette sigilli.

v. 2 Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?
Chi è degno di aprire il libro? Potrebbe essere tradotto chi è capace di aprire il libro?

v. 3 Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo: né angeli, né uomini, né defunti riescono ad aprire i sigilli.

v. 4 Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo: il pianto di Giovanni riassume lo stato dell’umanità nell’angoscia e nella sofferenza perché non sa spiegarsi il senso della vita.

v. 5 Uno degli anziani mi disse: “Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli”.
Finalmente uno degli anziani proclama un solenne annuncio pasquale, che il Messia ha vinto. Rileggiamo in proposito le bellissime parole di Gv 16,33: "Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!".
il leone della tribù di Giuda: si allude alla profezia di Giacobbe in Gn.49,9 relativo a Giuda da cui doveva discendere il Messia.
il Germoglio di Davide: questo titolo richiama la profezia di Is. 11,1-10.
aprirà il libro e i suoi sette sigilli: Il Messia, il Risorto dalla morte svelare pienamente il piano di Dio sulla storia.

v. 6 Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato.

in mezzo al trono… un Agnello: Al centro di tutto il potere divino, nel cuore dell’azione di Dio, c’è l’Agnello in greco arnìon che originariamente era il diminutivo di ariete (piccolo ariete) e che in seguito, all'epoca di Gesù, aveva assunto i due significati di "agnello" e di  "ariete".  
Ripensiamo agli episodi biblici di Abramo e di Isacco e quell'ariete (un agnello cresciuto) che il grande patriarca trova impigliato fra i cespugli. L'agnello si immola per salvare la vita ai primogeniti degli Israeliti. Il sangue dell'agnello permette la salvezza: ecco il paragone con Gesù. L'agnello ci richiama:
         a) qualcuno che dà la vita per gli altri,
         b) qualcuno che viene ucciso per permettere agli altri di vivere.
Mentre i testi dell'Antico Testamento usano "amnòs", che ci richiama la mitezza, l'obbedienza e la non-ribellione, Giovanni adopera la parola "arnìon" che racchiude anche altri significati, come, ad esempio, il giudizio, componente essenziale di questo agnello mite che, però, giudica. Inoltre un'altra annotazione interessante la troviamo nella letteratura apocrifa e nell'Antico Testamento in cui la parola greca "arnìon" è riferita a chi esercita la funzione di guida del popolo.
 in piedi, come immolato: l’essere in piedi esprime la risurrezione, l’agnello è il Vivente proprio perché è stato ucciso diventa il datore dello Spirito di Dio nella sua pienezza.
aveva sette corna e sette occhi: le corna nell’immaginario biblico sono il simbolo della forza, della potenza guerresca, unito al numero sette, esprime la pienezza del potere. Gli occhi sono simboli della conoscenza che Cristo possiede in pienezza, ma anche segno della Provvidenza di Dio che tutto vede e a tutto provvede. Potremmo senz'altro definire l'Agnello come il "provvidente", Colui che pensa a guidare la storia e la vita di ciascuno di noi.
 i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra: lo Spirito Santo nella sua molteplice pienezza ha diffuso per tutta la Terra la rivelazione divina,  il cui centro è proprio il messaggio della croce. Questa immagine deriva da Zc. 4,10.

v. 7 venne e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono: I due verbi che descrivono le azioni dell’Agnello venne e prese hanno un particolare valore teologico: viene presentato il mistero pasquale del Figlio che va al Padre partecipando alla vita e al potere di Dio. Gesù prende dal Padre il libro che rivela il suo progetto (cfr. Gv. 16,14-15 dove si dice che lo Spirito prende da ciò che è di Gesù).




martedì 22 gennaio 2013

Apocalisse 4,8-11


v. 8 I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi:  gli esseri viventi con 6 ali, riprendono i serafini di Is.6,2 e stanno ad indicare la rapidità con cui obbediscono a Dio ed eseguono i suoi comandi.
giorno e notte non cessano di ripetere: è un simbolo per dire senza interruzione, segno dell’eternità.
Santo, santo, santo il Signore Dio, l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!
Siamo in un contesto liturgico sia come luogo che come situazione; siamo in una liturgia celeste nella quale notiamo un ritmo ternario che sottolinea la perfezione di Dio. Il Trisaghion che cantano i quattro esseri viventi celebrano gli attributi essenziali della divinità: santità, onnipotenza ed eternità. Ma anche l’intervento di Dio nella storia con l’espressione Colui che viene.

v. 9 E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, v. 10 i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono.
In questa celeste liturgia di adorazione e ringraziamento a Dio si riconosce l’eco delle solenni liturgie orientali descritte in Dn 2-3 e 7. Con il gesto di gettare le corone  i 24 anziani riconoscono la sovranità di Dio e la loro dipendenza da Lui. Tutto quello che sono lo devono solo a Dio. Il verbo adorare in greco προσκυνησουσιν significa salutare prostrandosi.

 v. 11 Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create.
Tu sei degno: con questa espressione cominciavano le solenni acclamazioni all’insediamento dell’imperatore romano che appariva come una divinità.
di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: la gloria in greco doxa suscita qui l’idea di uno splendore impressionante.
perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create: il mondo non è lasciato a se stesso, né è in mano a potenze antagoniste; esso viene dalla volontà di Dio che fa esistere e custodisce.  Il Dio che ha creato rimane fedele alla sua creazione, ne è il garante e il custode permanente.  Nonostante tutti i turbamenti della storia e le pretese dei potenti, il mondo non è abbandonato al caos, ma è tenuto saldamente in mano dal suo Creatore.

venerdì 18 gennaio 2013

Apocalisse 4, 1-7


Introduzione

Giovanni, prima di iniziare il racconto di  ciò che sta per accadere, ha voluto mostrarci la visione celeste della corte di Dio. Prima di  mostrarci il tumulto e le contraddizioni della storia, ecco la visione di Dio seduto sul trono in  una calma sublime: egli regge imperturbabile i destini del mondo e della sua comunità. Gli  uomini si agitano, ma non Dio. Il racconto degli eventi tumultuosi della storia si apre (4, 1-11) e  si chiude (cfr. cap.21) con una visione di pace, simboleggiata appunto dal trono di Dio. Solo se si sa affrontare il duro crogiolo della prova, allora la  nostra fiducia nella fedeltà di Dio si irrobustisce e si purifica. Allora si scopre che, al di là di  tutto, anche la nostra vita cammina verso la pace.

Il trono di Dio
1 Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito». 2Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. 3Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. 4Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo.5Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. 6Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. 7Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. 


v. 1 Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo: Giovanni invita la comunità a condividere la sua stessa visione. Come se Giovanni dicesse: “Io ho visto e ora cerca di vedere anche tu!”. La porta, segno della comunicazione tra Dio e l’uomo, è aperta, l’accesso verso il mondo di Dio è possibile. Il termine aperta in greco anewgmenh è lo stesso di Lc 3,21 il cielo si aprì per indicare lo squarciare dei cieli, lo spalancare della porta per comunicarci qualcosa di nascosto agli occhi del mondo.

La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito: La voce del Cristo Risorto invita Giovanni a salire, a entrare in contatto personale con Dio. La tromba allude alla teofania del Sinai (Es 19,19-20). Giovanni ha la possibilità di incontrare Dio nella sua gloria e di comprendere le cose future.
v. 2 Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto: La stessa espressione di 1,10 Giovanni entra in una dimensione spirituale per vedere l’immagine del trono che indica l’esercizio del governo di Dio che guida la storia. L’espressione Uno stava seduto ci assicura che c’è Qualcuno che regna. Questo trono non è solo al centro del cielo ma il centro di tutto il mondo e della sua storia. La descrizione di Dio sul trono.

v. 3 Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono: Colui che sta seduto si manifesta come Luce che irradia tutt’attorno. Qui viene descritta la gloria di Dio come lucentezza. Il diaspro è un quarzo a macchie scolpita per decorazioni, una pietra trasparente come il cristallo che aveva colori variabili,  mentre la cornalina è una pietra preziosa di colore rosso chiaro o rosso scuro che ricorda l’ardore del fuoco del giudizio. L’arcobaleno segno del patto tra Dio e l’uomo, esprime la bontà di Dio e l’armonia della creazione. Il colore smeraldo dell’arcobaleno simboleggia la pace e l’armonia tra il piano fisico e spirituale.

v. 4 Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo:
I ventiquattro anziani è numero simbolico che fa riferimento a Davide che  istituì ventiquattro classi di sacerdoti cantori (1Cr 25) e 24 ufficiali a capo dell'esercito e dell'amministrazione del regno (1Cr 27,1-15,25-31).
I vegliardi che stanno intorno al trono  avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo hanno tre funzioni:
1) sacerdotale, cioè di adorare e, come vedremo dopo, di presentare le preghiere e le offerte dei fedeli al Signore. Notiamo che il sacerdote celebrante la Messa all'offertorio offre a Dio anche le intenzioni, le pene, le gioie dei fedeli;
2) regale, perché i vegliardi portano la corona d'oro sul capo;
3) di governo, perché anch'essi sono assisi sui troni.
Abbiamo quindi ventiquattro personaggi importanti, sacerdoti e re, che governano assieme a Dio.
Inoltre, il ventiquattro è multiplo di dodici, numero simbolico, che per l'ebraismo rappresenta le dodici tribù d'Israele e, per il cristianesimo, i dodici apostoli. Tutto fa pensare che  i ventiquattro anziani riuniti intorno al trono per cantare le lodi dell'Agnello siano rappresentativi dell'insieme dei riscattati dell'antico e del nuovo patto, che saranno ricompensati e coronati.

v. 5 Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio: Lampi, voci e tuoni sono espressioni che troviamo nella Teofania del Sinai (Es. 19). Le sette fiaccole che sono i sette spiriti di Dio fanno riferimento allo settiforme Spirito di Dio e alla sua pienezza.

v. 6 Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo: questo mare di vetro potrebbe alludere allo splendore di un oceano celeste simile alle acque che sono sotto il firmamento di Gn.1,7. Di solito nella Bibbia il mare rappresenta il male che proviene dai popoli pagani, però qui il mare è limpido come il cristallo, cosa che ci parla del giorno in cui le ondate della ribellione cesseranno di rumoreggiare quaggiù e tutta l'umanità sarà muta e attonita davanti alla divina manifestazione del Giudice.
In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro: I quattro esseri viventi che circonda il trono evocano le descrizioni di Ezechiele 1 e Isaia 6 che caratterizzano il cielo di Dio. Il numero quattro è il numero cosmico (i punti cardinali), e il fatto che gli esseri viventi sono paragonati a quattro creature dall’aspetto angelico, umano e animale fa pensare alla creazione nuova in comunione con Dio. La grande quantità di occhi simboleggia il loro stupore alla contemplazione di Dio e sta ad indicare la sapienza di Dio riflessa nel creato.

v. 7 Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola:
I quattro animali potrebbero indicare quattro attributi di Cristo: il leone, la regalità, il vitello l'umiltà, il terzo l'uomo, l'umanità, il quarto l'aquila la divinità. Sono, anche i tratti con cui Gesù è presentato nei 4 Vangeli. Matteo rappresenta Gesù come il leone, il re d'Israele; Marco come il vitello, il servo umile del Padre; Luca come il Dio fatto uomo, il Figlio dell'Uomo; Giovanni come l'aquila, il Figlio di Dio.  



venerdì 4 gennaio 2013

Apocalisse 3,14-22


Alla Chiesa di Laodicèa

14All'angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi:
«Così parla l'Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio.15Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! 16Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. 17Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. 18Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. 19Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. 20Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. 21Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono.22Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese»

v. 14 All'angelo della Chiesa che è a Laodicèa: Laodicea era una città decisamente contemporanea, molto simile a quelle occidentali di oggi comandate dai banchieri e dal loro sistema economico da un lato, e dall'industria farmaceutica dall'altra. Ciò spingeva i Laodicesi a riporre la loro fede nell'economia e nella medicina. A Laodicea si curavano soprattutto le malattie degli occhi; gli oculisti applicavano un collirio a base di una polvere chiamata ``balsamo di Frigia''. Infine, caratteristica significativa, Laodicea era una città straordinariamente ricca, nota per le sue attività bancarie.

Così parla l'Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio: Cristo si presenta con tre titoli: nel primo si sottolinea la sua caratteristica di stabilità, che adempie tutte le sue promesse; nel secondo la sua testimonianza sottolinea il suo carattere infallibile di verità, la cui testimonianza deve essere ricevuta e creduta dagli uomini interamente; nel terzo lo indica come principio dell’azione creatrice di Dio nell’opera della redenzione.

v.15 Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo: Gesù conosce le opere anche di quest'ultima comunità e non ne è affatto soddisfatto. I Laodicesi, infatti, sono tiepidi. Il Signore li avrebbe preferiti piuttosto freddi che in quel modo.
v.16 Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca: Il problema di questa comunità è la mediocrità e l’incoerenza, che ha provocato un giudizio abbastanza negativo con un’espressione di rigetto collettivo. Tuttavia il Signore si esprime al futuro: Io ti vomiterò, lasciando intendere che prima di rigettarla definitivamente, egli vuole ancora usare i mezzi di grazia per strappare alla perdizione i pochi membri di questa chiesa che accetteranno l'avvertimento.

v. 17 Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo: I Laodicesi sono pienamente soddisfatti dei beni materiali che hanno. Loro sono ricchi, hanno più del necessario, vivono nel lusso e nell’opulenza, probabilmente sono anche molto impegnati, non hanno tempo per Dio. Il conseguimento dei beni materiali viene prima della sequela a Gesù. Essi si ritengono a posto, ma in realtà sono infelici, miseri, poveri, ciechi e nudi. . Le loro medicine potevano assicurar loro una miglior salute fisica, ma non spirituale. Similmente, pur essendo i produttori della celebre lana di Frigia, erano nudi. La nudità nella Bibbia è il simbolo del proprio peccato mostrato alla luce del sole, mentre la cecità è l’incapacità di vedere e di capire la volontà di Dio.

v. 18 Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista: L’autosufficienza della Chiesa può essere superata solo con il riconoscimento della dipendenza da Cristo e con l’accoglienza dei suoi doni:
oro purificato: esprime l’autentica relazione con Dio
le vesti bianche: esprime la partecipazione al mistero della risurrezione
l’unzione col collirio: sta a significare l’intelligenza spirituale.

v. 19  Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti: qui il Signore assicura alla comunità la sua presenza come un padre che cerca di educare i suoi figli con amore e con fermezza, allo stesso tempo. Egli vuole il meglio per ciascuno di noi.

v. 20 Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.
L’espressione sto alla porta richiama la parabola evangelica dei servi che aspettano la venuta del padrone (cfr. Mc 13,33-37; Lc 12,35-38). Il bussare alla porta richiama l’immagine dell’innamorato che attende la sua amata(cfr. Ct 5,2) in questo modo viene descritto il desiderio che Cristo ha di incontrare personalmente ciascuno.  L’apertura della porta è la rimozione dell’ostacolo e coincide con l’ascolto della sua voce, della sua parola che ti invita alla comunione con Lui. Egli vuole cenare con noi, far mangiare di quel pane che non ci farà più avere fame e bere quell'acqua che ci disseterà per sempre. Qui si fa riferimento all’eucarestia come segno anticipatore del banchetto messianico escatologico.

v. 21 Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono: La promessa al vincitore è di carattere cristologico, il cristiano parteciperà alla stessa intronizzazione di Cristo alla destra del Padre. L’immagine che viene usata è quella del Salmo 110,1 applicata al Re Messia, risorto e asceso al trono. L’evocazione finale del trono prepara il passaggio alla seconda parte dell’opera, tutta centrata su quest’ultimo motivo.
 lo farò sedere con me, sul mio trono: questa espressione la ritroviamo in Lc 22,30: Io dispongo che … sediate su troni a giudicare le dodici tribù d’Israele.

Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese

Le sette chiese sono un modello un prototipo di sette comunità cristiane diverse, tutte presenti ai nostri giorni come ai tempi di Giovanni. Sono sette tipi di Cristiani: quello che ha perso il primo amore; quello che è sofferente e perseguitato; quello che è sceso a compromesso perché vive in un posto ostile al Cristianesimo; quello che si lascia comandare da chi si è sostituito a Gesù; quello che ha fama di essere un buon cristiano, ma che ha perso la fede; quello che, seppur abbia poche risorse, è rimasto fedele ed ha fatto la volontà di Dio; quello che ha anteposto i beni materiali, all’amore di Cristo. Per ciascuna di queste persone o comunità cristiana, il Signore ha una parola di incoraggiamento e di esortazione, un complimento ed un rimprovero, un ammonimento ed una promessa.



 

venerdì 21 dicembre 2012

Apocalisse 3


Apocalisse 3

Alla Chiesa di Sardi
1 All'angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi:
«Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle. Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. 2Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. 3Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te. 4Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. 5Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. 6Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese».

 v.1 All'angelo della Chiesa che è a Sardi:  La città di Sardi, una famosa metropoli dell’antichità in cui gli abitanti vivevano principalmente dell’industria della lana.
Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Qui si riferisce alla pienezza dello Spirito posseduta da Gesù, all’unico Spirito settiforme visto nella pienezza dei suoi doni, le sette stelle come abbiamo visto sono i sette vescovi. Il Cristo ci appare nella pienezza dei suoi poteri. Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto: Il Signore nota che agli occhi degli uomini le opere di questa comunità sembrano vive, buone ma in realtà hanno perso la grazia e versano in cattive condizioni.
v.2 Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio: l’invito alla vigilanza indica che la comunità sonnecchia e rischia di morire se non saranno immediatamente aiutati. I cristiani di Sardi dicevano di aver fede, ma in realtà dimostravano il contrario con il loro modo di agire.

v. 3 Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te: . Il ricordo della prontezza ad ascoltare la Parola di Dio allude al suo primo annuncio. L’esortazione a svegliarsi da questo sonno di morte, da questo cristianesimo puramente esteriore, risuona come un forte comando. Verrò come un ladro è una chiara allusione a Mt. 24,43 in cui si fa riferimento alla venuta di Gesù. I cristiani di Sardi non aspettavano più il ritorno del Signore, altra evidenza di una fede carente. Erano troppo indaffarati dalle loro cose, dai problemi della vita di tutti i giorni. Gesù rischiava di prenderli alla sprovvista, come un ladro che ti entra in casa di notte, quando dormi o non ci sei.

v.4 Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni: Tuttavia anche per questa comunità non tutto è perduto, infatti vi sono alcuni che si sono dimostrati fedeli, non hanno macchiato le loro vesti, cioè non hanno tradito la nuova esistenza donata da Cristo. Essi parteciperanno un giorno alle nozze dell’Agnello.

v.5  Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli: “Le bianche vesti” indica la conformità al regno celeste, al mondo nuovo di Cristo. Quindi ricevere la veste bianca fa riferimento alla risurrezione di Cristo, di cui i fedeli sono partecipi. Coloro che hanno abbandonato l’idolatria si rivelano strettamente uniti alla vita di Cristo Risorto e questo dono ricevuto e da conservare fino allo splendore della gloria. Avere il proprio nome scritto nel libro della vita assicura la partecipazione ai beni messianici (cfr. Is.4,3) mentre la cattiva condotta comporta l’esclusione da questa comunione di vita. Il riconoscimento del nome davanti alla corte celeste richiama il detto di Gesù nei sinottici (cfr. Mt 10,32; Lc 12,8) e fa riferimento alla coerente testimonianza del discepolo che rimane saldo, senza rinnegare la propria fede.

Alla Chiesa di Filadèlfia
 7All'angelo della Chiesa che è a Filadèlfia scrivi:
"Così parla il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre. 8Conosco le tue opere. Ecco, ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei, ma mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato. 10Poiché hai custodito il mio invito alla perseveranza, anch'io ti custodirò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 11Vengo presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona. 12Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio, insieme al mio nome nuovo.13Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".

v.7 All'angelo della Chiesa che è a Filadèlfia: questa città che significa “amore dei fratelli”, era una città importante e, rispetto alle altre sei, di recente costruzione al centro di grandi vie di comunicazione, con una intensissima attività commerciale. Filadelfia era costruita in una zona fortemente sismica, tanto che nel 17 d.C. era stata quasi completamente distrutta da un terremoto. Venne poi interamente ricostruita dall’imperatore Tiberio. A Filadelfia c’era un tempio dedicato a Giano, protettore delle porte, il cui simbolo è la chiave.

Così parla il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre

Santo e Verace: sono attributi divini che Gesù utilizza per ribadire il proprio ruolo messianico. Santo indica la trascendenza divina e verace o veritiero indica il compito rivelatore del Cristo.
Colui che ha la chiave di Davide: l’immagine riprende l’oracolo di Isaia che proclamava l’investitura di un nuovo ministro (cfr. Is 22,22) ed evoca il potere assoluto e universale del Messia.
quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre: Gesù solo decide chi sarà accolto nel regno di Dio e chi invece ne resterà escluso.

v.8 Conosco le tue opere. Ecco, ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome

ho aperto davanti a te una porta: Cristo, che ha la chiave di Davide, (cioè, la pienezza dei poteri del Messia), con la sua autorità ha aperto alla Chiesa di Filadelfia la porta della evangelizzazione, ha dato campo libero al suo apostolato. Questa apertura è un dono divino che viene concesso alla comunità per crescere nella missione di testimonianza e annuncio.
Per quanto tu abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome: Quello che conta per Gesù è che in questa comunità è custodita la parola di Dio, cioè la loro forza sta nel rapporto costante con la Parola e la persona di Cristo.

v. 9 Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei, ma mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato

che dicono di essere Giudei: gli ebrei non avendo riconosciuto il Messia si sono posti automaticamente contro Dio.
li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato: Cristo convincerà gli ebrei che “il vero Israele” sono i cristiani, da Lui accolti con amore come popolo eletto.
sappiano che io ti ho amato: questa dichiarazione d’amore deriva dal testo di Is.43,4

v. 10 Poiché hai custodito il mio invito alla perseveranza, anch'io ti custodirò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 
Nell’ora della prova (si allude, probabilmente, alla grande tribolazione del capitolo 7,14) questa comunità verrà preservata grazie alla sua fedeltà e costanza nell’osservanza della Parola di Dio, rimanendo come vergine casta pronta per le nozze con lo Sposo. In questo passo alcuni esegeti evangelici fanno riferimento al rapimento della Chiesa di cui parla l’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Tessalonicesi 4,15-17.

v. 11 Vengo presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona:
Gesù invita a perseverare nella fede e nelle opere buone. In questa lettera si può notare che non c’è nessun rimprovero.

v. 12 Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio, insieme al mio nome nuovo

lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più: il premio promesso è di diventare una colonna del tempio, chiaro riferimento alla chiesa primitiva che attribuiva questo appellativo agli apostoli (Gal. 2,9; Ef. 2,19-22; 1 Pt. 2,5). Nella Chiesa celeste i cristiani fedeli saranno definitivamente saldi come le colonne di un tempio, e “non uscirà più” : come una colonna non può essere rimossa da un edificio ben solido, così i giusti che hanno ottenuto la vittoria finale non potranno essere estromessi.
Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio, insieme al mio nome nuovo.
In questo versetto notiamo l'importanza del termine "nome" ripetuto ben tre volte. Nella concezione biblica il nome rimanda alla realtà espressa nel nome stesso: il nome rivela la persona. Incidere sul vincitore il nome fa ricordare i condottieri e i governanti che facevano erigere nel tempio colonne commemorative e su di esse scolpivano le proprie imprese con scritte e immagini eloquenti. In questo caso i fedeli saranno accolti nella Gerusalemme celeste in un posto di gloria davanti al trono di Dio, partecipando della vita nuova del Figlio dell’Uomo glorificato.
La Chiesa di Filadelfia diventa così il luogo per eccellenza della rivelazione, cioè delle scoperta profonda di questo "nome" che in realtà è la persona stessa di Dio che vive nel suo popolo fedele e che si oppone alla bestia la quale è colei che fa "blasfemìa", la bestemmia del nome di Dio. La nuova Gerusalemme, che è una realtà futura, si sta già realizzando; alla chiesa di Filadelfia viene dato il "nome" che anticipa la Gerusalemme nuova. E tutti coloro che nelle varie Chiese partecipano alla sorte di Cristo sono le colonne della Gerusalemme nuova.