martedì 20 agosto 2013

La preghiera della Sposa (commento spirituale Ap.21-22)

Amore nuziale

E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 
Giovanni al capitolo 21,2 ci dice che la nuova Gerusalemme è come una sposa pronta per il suo sposo. Il disegno di Dio sull’uomo in tutta la Scrittura è questo matrimonio tra Dio Sposo e l’umanità sua sposa. Fin dal principio Dio ha creato tutto ciò che non era Dio affinchè tutto il creato arrivasse a questo rapporto nuziale con l’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio. La relazione Padre e figlio è solo l’inizio del cammino verso questa comunione, infatti i genitori, amando i figli, amano ancora se stessi, il dolore di un figlio è ancora il proprio dolore perché quell’essere gli appartiene ancora nella carne. Diverso è l’amore nuziale, nel matrimonio si uniscono due persone che non hanno legami di sangue: la sposa è altro dallo sposo e viceversa. Sono uniti in matrimonio da stirpe diversa. Allora il rapporto con Dio è un rapporto sponsale in quanto Dio non è uomo e viceversa, però si deve realizzare uno sposalizio per cui Dio e l’uomo saranno una cosa sola. L’uomo non sarà mai l’essenza di Dio, sarà assunto, sarà fecondato, ma non sarà mai la stessa cosa di Dio. Nel matrimonio resta sempre la distinzione, non c’è l’assimilazione, non si diventa l’altro, si partecipa della vita dell’altro. Il rapporto con Dio sarà sempre di donazione, saremo la sposa-vergine che si unisce allo Sposo. Dio che è lo Sposo ha dato tutto se stesso all’umanità sua sposa, ora occorre la risposta oblativa della sposa che avviene prima nel riconoscersi creatura-figlia amata da Dio, poi rispondere sì a Dio diventando sua sposa per poi unirsi in quella comunione d’amore di cui il prototipo è Gesù (natura umana e natura divina uniti in una sola volontà). La nuova Gerusalemme rappresenta l’autentico rapporto tra gli uomini: la fraternità. Nell’amore fraterno tra gli uomini si manifesta il popolo di Dio, ma poi questo popolo, nell’unità, forma la sposa. Ecco perché Giovanni presenta la nuova Gerusalemme come città santa e come sposa perché il rapporto con Dio si manifesta nell’essere una cosa sola in questo abbraccio fraterno e nell’amore nuziale perché viviamo sempre alla presenza di Dio come una sposa che attende di unirsi al suo Sposo.

Manifestazione dello Spirito

E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello… 
Questa realtà che Giovanni vede è la manifestazione dello Spirito di Dio che è nel profondo del tempio (cfr. Ez 47,12). Se noi siamo il tempio, lo Spirito è nelle profondità del nostro essere, però è necessario che ci sia una frattura perché emerga.
Beato quel giorno in cui il nostro cuore è stato spaccato, come si è aperto il cuore dio Gesù trafitto dalla lancia. Bisogna, infatti, che avvenga la rottura, per scoprire la vita divina in noi.
si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni.

questo versetto ci indica che è necessario fare frutto sempre anche nelle stagioni sfavorevoli, nei momenti di lotta e aridità, nei momenti di sofferenza e disgrazia. E il frutto dovrà essere sempre la lode e il ringraziamento al Padre: l’Eucarestia. I frutti sono prodotti dallo Spirito Santo che dà vita agli alberi che danno frutto sia nella buona che nella cattiva stagione. Quelli che sono mossi dallo Spirito continuano ad amare Dio anche nella prova. Il frutto dello Spirito non è sola in un opera che è nutrimento per l’altro, ma anche negli atteggiamenti, nelle cose che sembrano formali. Le fogli stanno ad indicare la forma, infatti non solo la sostanza ma anche la forma, anche gli accorgimenti esteriori sono medicina per gli altri. Il sorriso, la carezza, l’accettazione delle cose sono quel contorno, quella bellezza che vivifica, dà forza e aiuta gli altri a guarire.

Adorazione

E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. Ma egli mi disse: «Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli
Poiché l’uomo è anche spirito, ogni anima è così grande che se si potesse vedere resteremmo tramortiti davanti a tanta luce e grandezza. Tutto resta nascosto nel corpo, allora, davanti allo spirito angelico Giovanni si inginocchia e l’angelo gli ricorda che in virtù dello spirito siamo a servizio di Dio. Il profeta è colui nel quale lo Spirito ha avuto una massima evoluzione, ma anche coloro che custodiscono la Parola do Dio saranno luminosi perché lo spirito si manifesterà. Questo ci fa capire che tutte le visioni, i carismi e le consolazioni sono poca cosa nei confronti della divinità. Ogni manifestazione spirituale per quanto grande possa essere è sempre piccolissima non essendo Dio.

Invocazione

Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita…Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù.
Tutto dipenderà da questa invocazione:Vieni! da questa sete d’amore, da questo desiderio affinché il cuore si apra allo Sposo. La Sposa deve invocare lo Sposo per poter vivere l’atto d’amore. L’acqua della vita è donata a chi vuole attingere a questa fonte. Non devi pagare, devi solamente bere, l’unica cosa necessaria è il desiderio di bere. Avere sete è indispensabile per prendere dell’acqua della vita: desiderare la vera vita. La sposa, cioè la chiesa, istruita da quanto scritto nell'Apocalisse, è arrivata a sentire esattamente le stesse cose dello Spirito. E' quanto ci viene consigliato a livello personale:"Chiedete e vi sarà dato...". Io credo che, secondo la spiegazione fornita dagli esperti di vita spirituale, per chiedere e per ottenere ciò che vogliamo, noi dovremmo essere sintonici con Dio; dovremmo conoscere noi stessi e Lui tanto profondamente da richiedere solo quanto rappresenta il nostro bene. Quando questo accade lo Spirito e la sposa dicono:"Vieni!" La nostra anima potrebbe essere paragonata alla sposa di Cristo che chiede soltanto quanto il Signore vuole già concederle. E questo vale per noi, ma anche per il mondo intero.
Il Signore dice: Io verrò presto. Lui è infatti sempre nell’atteggiamento di Colui che viene. “A chi mi invoca Io dirò:Eccomi”. La nostra opera si concretizza solamente in questo grido che deve scaturire dal nostro cuore: vieni! ho bisogno di te! La potenza dello Spirito Santo ci deve portare a dire che Gesù è il Signore della nostra vita e disporci semplicemente ad accoglierLo come tale e a lasciarsi trasformare da Lui.







Apocalisse 22,12-21

v. 12 Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere
Gesù verrà a realizzare quanto è scritto nell’Apocalisse e renderà a ciascuno la sua giusta ricompensa secondo le sue opere (cfr. Mt 25)

v.13 Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine:La storia della salvezza ha in Gesù , colui dal quale abbiamo origine e il nostro fine.
v.14 Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all'albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città: beati coloro che fanno propri i frutti della redenzione, assicurandosi la vita eterna, essi si ciberanno dell’albero della vita,cioè dell’intimità divina. Il lavaggio degli abiti indica l’imitazione del sacrificio di Cristo, l’appropriarsi della croce di Gesù. La veste lavata corrisponde alla veste nuziale ricevuta nel battesimo. Occorre mantenerla bianca, in un’intima comunione con Cristo per poter entrare nella nuova Gerusalemme. Solo chi entra attraverso la porta, Gesù, accede alla vita eterna.

v. 15 Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna
“I cani” era l’epiteto che gli ebrei davano ai pagani, indicano i peccatori, gli infedeli. Chi pratica la menzogna, non erediterà il regno di Dio.

v. 16 Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino
Gesù è il Messia davidico e la stella radiosa del mattino, la luce che annuncia il gran giorno di Dio che sta spuntando nell’ottavo giorno. Lui risplende, dal primo mattino, dall’inizio della creazione e illumina ogni uomo con il suo sacrificio redentore.

v.17 Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita.
Lo Spirito è lo spirito profetico, la sposa è la Chiesa pronte per le nozze con Gesù. L’invitato a venire è Gesù, chiunque ha ricevuto la grazia di ascoltare dentro di sé questo grido dello Spirito Santo, chiunque “vibra” all’unisono con le parole di questo libro, dica egli pure a Gesù: vieni!. Chi vuole potrà sempre andare da Lui e attingere gratuitamente l’acqua della vita, la grazia di Dio che lava il peccato del mondo e lo fa entrare nella vita eterna.

v.18-19 A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
Nel leggere e ascoltare le parole profetiche di questo libro nelle adunanze cristiane, non va aggiunto e tolto niente al testo per non sviare dal vero insegnamento. Non è lecito adulterarla, manipolarla e adattarla per scopi diversi da quelli per cui è stata data.

v. 20 Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù: colui che attesta queste cose è Gesù che annuncia che la sua volontà non tarderà a realizzarsi. Bisogna vivere sempre pronti all’incontro con Gesù. La sua venuta prossima che nell’Apocalisse si ripete sette volte indica la certezza della promessa. Maranathà, vieni Signore Gesù: è l’ultima preghiera della Bibbia, ma la prima preghiera del cristiano. Ogni pagina di questo libro annuncia venuta di Gesù. La parola marana-thà è un termine aramaico che significa “vieni dunque nostro Signore, o vieni o Signore!” la prima parte maran è nostro Signore, mentre la seconda tha è una forma del verbo venire.

v. 21 La grazia del Signore Gesù sia con tutti.
L’Apocalisse si conclude con una dossologia liturgica per confermare che il libro è destinato alla pubblica lettura nella liturgia della Chiesa. L’Apostolo invoca sui fedeli la grazia di Dio perché essa sia sempre con loro e così compiano sempre il bene ed evitino il male.



mercoledì 31 luglio 2013

Apocalisse 22,1-11

La venuta del Signore
1 E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. 2In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni.
3E non vi sarà più maledizione.
Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello:
i suoi servi lo adoreranno;
4vedranno il suo volto
e porteranno il suo nome sulla fronte.
5Non vi sarà più notte,
e non avranno più bisogno
di luce di lampada né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli.
6E mi disse: «Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve.7Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro».
8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. 9Ma egli mi disse: «Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare».
10E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. 11Il malvagio continui pure a essere malvagio e l'impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora. 

v. 1 E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello.
In questo versetto Giovanni si ispira a Ez 47,1-12 e da Gn 2,8-10. Il fiume d’acqua viva indica la vera pace paradisiaca, la grazia di Dio riversata negli uomini. Dio torna a conversare con l’uomo in stretta familiarità. Secondo il giudaismo apocalittico Israele alla fine dei tempi ritornerà nella condizione paradisiaca in cui era stato collocato il primo uomo. Le origini della storia e la conclusione si ricongiungono. Questo fiume simbolo dello Spirito Santo rappresenta la pienezza dei beni messianici di cui godono i beati. L’acqua viva limpida come vetro simboleggia la purezza e lo splendore luminoso dello Spirito.Dio e l’Agnello hanno la stessa regalità e signoria. In questa immagine è simboleggiata la Trinità: il fiume (lo Spirito) fuoriesce dal trono di Dio e dell’Agnello.

v.2  In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni.
Giovanni si riferisce a quell'albero della vita di Genesi, egli vuole concentrare la sua attenzione sul nuovo Eden, così come la nuova Gerusalemme. Qui l’uomo può cibarsi dell’albero della vita, così come può dissetarsi dell’acqua della vita in ogni tempo. Le foglie dell’albero servono per la guarigione delle genti, espressione che indica che nel paradiso non ci sono più malattie e sofferenze. Tutto sarà dono di Dio.

vv. 3-4-5 E non vi sarà più maledizione.
Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello:
i suoi servi lo adoreranno;
vedranno il suo volto
e porteranno il suo nome sulla fronte.
Non vi sarà più notte,
e non avranno più bisogno
di luce di lampada né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli.
Nel nuovo Paradiso non ci sarà nessuna tentazione, peccato e morte. Gli eletti portano sulla fronte il segno della definitiva appartenenza a Dio poiché contemplano il volto di Dio come Luce che risplende per sempre. Non ci sarà più bisogno della luce materiale del sole, della luna e delle lampade poiché Dio stesso  è il sole che non tramonta e i santi regneranno per l’eternità con  Lui.

v. 6-7 E mi disse: «Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve.Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro».L’inizio e l’epilogo coincidono. Qui si annuncia nuovamente la venuta di Gesù, si ripete come lo scopo di questo libro è mostrare ciò che deve accadere e quindi è necessario custodire queste parole profetiche per essere beati.

v. 8-9-10-11 Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. Ma egli mi disse: «Guàrdati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare». E aggiunse: «Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Il malvagio continui pure a essere malvagio e l'impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.
La stessa scena di Ap. 19,10, il fatto che si ripete sta a significare che la cosa è importante poiché può essere facile scambiare un angelo con il Cristo stesso. Gli angeli sono servi di Dio e i cristiani fedeli che servono veramente Dio sono equiparati agli angeli. Qui si aggiunge che i profeti sono i fratelli di Giovanni perché custodiscono la testimonianza di Gesù. Le profezie di questo libro non tarderanno a compiersi quindi occorre che Giovanni non nasconda queste rivelazioni. Al versetto 11 si vuol dire che nonostante tante promesse e minacce c’è chi continua a non ascoltare e a insistere nel peccato. Mentre i santi continuino a perseverare nella giustizia, nella verità per crescere sempre più nell’unione con Gesù. Tra bene e male ci sarà uno scontro sempre più accentuato. Qui Giovanni non invita a opporsi al malvagio poiché tutto sarà opera di Dio e dei suoi angeli.


mercoledì 24 luglio 2013

Apocalisse 21

Cielo nuovo e terra nuova
1 E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
5E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». 6E mi disse:
«Ecco, sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omèga,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell'acqua della vita.
7Chi sarà vincitore erediterà questi beni;
io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.
8Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte».

v. 1  E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più: l’aggettivo nuovo kainos indica una novità non cronologica, ma qualitativa: si tratta di una cosa appena realizzata, di una realtà mai esistita prima. E’ nuovo il cosmo che viene inaugurato, avendo superato il potere del male, simboleggiato dal mare che “non c’è più”. Il tema del cielo nuovo e la terra nuova la troviamo nella profezia di Is 66,22.

v. 2 E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo: La città-sposa, immagine della comunione con Dio resa possibile dal mistero pasquale è la nuova Gerusalemme in opposizione a quella corrotta, infedele e adultera. Scende da cielo  perché proviene da Dio ed è opera sua, immagine del paradiso che deve essere accolto nell’umiltà con filiale gratitudine. L’immagine della sposa adorna per il suo sposo indica la Chiesa trionfante nella quale tutto è puro e santo. La nuova città viene descritta in due modi: come luogo spirituale preparato da Dio per i fedeli e come insieme degli abitanti che formano la sposa di Cristo,la nuova umanità consorte della divinità.

vv. 3-4 Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passat
e».
La voce potente indica l’importanza della rivelazione che proclama la dimora di Dio, la tenda di Dio con gli uomini, ricorda quella fabbricata da Mosè dentro la quale abitava Dio (Es 40,32). Saranno suoi popoli indica l’apertura universale dell’unico popolo alla moltitudine delle genti. Dio con loro, allude al Dio con noi, l’Emmanuele per indicare la realizzazione reciproca dell’alleanza tra Dio e l’umanità. La presenza di Dio sarà familiare tra i beati. Nella nuova condizione ci sarà assenza di morte e di ogni male, la vita di prima è passata, ora si vive la vera vita in condizioni assolutamente nuove.

vv. 5-6-7 E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». 6E mi disse:
«Ecco, sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omèga,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell'acqua della vita.
7Chi sarà vincitore erediterà questi beni;
io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio.
L’intervento creatore di Dio rinnova tutto l’universo grazie alla pasqua di Cristo. La prima e l’ultima lettera greca presenta Dio come colui che determina la causa iniziale e finale della storia. Giovanni usa il simbolo dell’acqua per indicare il dono escatologico dello Spirito Santo che ci rende partecipi della stessa vita di Dio. L’immagine è presa da Is.55,1 “voi tutti che avete sete venite all’acqua…” ed esprime il desiderio della ricerca di Dio e dell’infinito che può essere saziato solo dalla grazia di Cristo. Chi sarà vittorioso, espressione che abbiamo ritrovato nelle sette chiese, erediterà tutti i beni messianici promessi collegati alla beatitudine eterna.
io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio: anche se siamo già figli di Dio, la stabilità e la perfezione di questo rapporto ci sarà solo in Paradiso. Ogni creatura sarà pienamente figlio così come Dio la pensato da sempre.

v. 8 Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte.
Da questo versetto si evince che verranno esclusi dalla felicità eterna tutti coloro la cui vita fu menzogna. Coloro che rifiutano la verità, cioè Gesù, e non danno ascolto alle sue parole hanno per padre il diavolo. Chi segue l’idolatria, cioè una filosofia pagana dell’esistenza sarà riservato lo stagno di fuoco e di zolfo, non posso ereditare i beni escatologici perché hanno rifiutato la rivelazione di Dio.

La città santa
9Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello». 10L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
15Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono uguali. 17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
22In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello
sono il suo tempio.
23La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l'Agnello.
24Le nazioni cammineranno alla sua luce,
e i re della terra a lei porteranno il loro splendore.
25Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno,
perché non vi sarà più notte.
26E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.
27Non entrerà in essa nulla d'impuro,
né chi commette orrori o falsità,
ma solo quelli che sono scritti
nel libro della vita dell'Agnello.  

v. 9 Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello
Potrebbe essere lo stesso angelo del cap.17 che mostrò a Giovanni la rovina della meretrice, qui gli mostra la gloria della sposa dell’Agnello, la comunità dei beati in Paradiso.

vv. 10-11 L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
In visione Giovanni vede un monte grande e alto, segno della teofania divina, su cui si trova la Gerusalemme celeste che proviene da Dio ed è abitata solo da coloro che hanno vissuto per la gloria di Dio. Lo splendore di Gerusalemme deriva dalla celebrazione profetica della nuova Gerusalemme descritta da Isaia 60. La pietra di diaspro cristallino avvicina la città alla luminosità stessa di Colui che siede sul trono.

vv. 12-14 È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
La grandezza e l’altezza delle mura della città esprimono sicurezza, protezione e separazione da tutto ciò che non è santo. Il numero 12 vuole esaltare la realtà perfetta del popolo di Dio che vive in pienezza il progetto di Dio. I 12 angeli come i cherubini dell’Eden, sono i custodi delle porte della città santa. La descrizione delle 12 porte, simile alla descrizione del profeta Ez 48,30-35 sta ad indicare che la comunità dei credenti si compone di uomini provenienti da tutte le parti della terra. Questa comunità si fonda sugli Apostoli e ai loro successori che custodiscono l’insegnamento di Gesù. Gli Apostoli sono insieme porta e fondamento di questa città.

vv. 15-18 Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono uguali. 17Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.
Le misurazioni della città vengono proposte secondo criteri umani e, tuttavia, corrispondono ad una realtà angelica. I dodicimila stadi (12x1000) è la cifra d’Israele e degli apostoli moltiplicata per il simbolo della potenza divina operante nella storia. La forma a cibo richiama il Santo dei Santi, la parte più sacra del tempio. Il diaspro e l’oro puro esprimono la trasparenza divina, dappertutto e in tutto traspare la luce divina. I materiali del trono di Dio e della città sono gli stessi. La nuova Gerusalemme non è altro che il riflesso della vita divina.

vv. 19-21 I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, 20il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
Il riferimento alle pietre preziose proviene dal profeta che annunciava la ricostruzione di Gerusalemme dopo l’esilio (Is 54,11-12). I nomi delle pietre richiama il pettorale del sommo sacerdote come simbolo sacro delle 12 tribù d’Israele, e quindi allude alla natura sacerdotale della città Le dodici perle richiama la realtà del paradiso, poiché la perla era il gioiello per antonomasia. La piazza della città è di oro puro per indicare che lì è indicata la massima ricchezza: l’albero della vita (cfr, Ap.22).

vv. 22-27 In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello
sono il suo tempio.
23La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l'Agnello.
24Le nazioni cammineranno alla sua luce,
e i re della terra a lei porteranno il loro splendore.
25Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno,
perché non vi sarà più notte.
26E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.
27Non entrerà in essa nulla d'impuro,
né chi commette orrori o falsità,
ma solo quelli che sono scritti
nel libro della vita dell'Agnello.
Non c’è più luogo sacro perché l’Agnello e il suo Dio sono il santuario e la lampada. La città è tutta illuminata dalla gloria di Dio. La gloria delle nazioni e la gloria divina rappresentano la possibilità della comunione tra Dio e l’umanità. Le porte sono sempre aperte come segno di accoglienza per tutte le nazioni che vorranno entrare nella comunione con Dio. Nella città non entrerà chi commette empietà o menzogna, come nel Santo dei Santi entrava solo il sommo sacerdote in uno stato di assoluta purità.
ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello: entrano nella Gerusalemme celeste solo i cristiani che hanno vissuto come l’Agnello, che hanno fatto propria la redenzione di Cristo, che hanno perseverato nelle prove e nelle stesse opere vissute da Gesù. Coloro che sono scritti nel libro della vita sono i giusti al Giudizio universale dopo la fine del mondo.


martedì 9 luglio 2013

Eternità dell’inferno: incapacità di pensare la vera beatitudine

Il compimento dell’opera dello Spirito Santo trova soltanto nella libertà della creatura il suo campo d’azione indefinibile e questo ci conduce al tema escatologico dell’apocatastasi degli spiriti decaduti che Bulgakov propone nell’Addenda del libro La Sposa dell’Agnello. Considerando la questione proposta da Origene e Gregorio di Nissa, egli riprende la concezione della potenza universale del sacrificio redentivo di Cristo offerto alla libertà di ogni essere vivente che riconosce la sua regalità. L’autore preferisce parlare di compimento finale della salvezza, poiché per lui è impossibile supporre una qualsiasi limitazione alla potenza del sacrificio redentivo, infatti la Parola di Dio ne dà una testimonianza diretta e indubitabile: Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nel cielo, sulla terra e sottoterra (Fil 2,10-11) e Dio sarà tutto in tutti (1Cor 15,28). Questo attesta la questione generale concernente il significato che assume l’incarnazione di Dio anche per il mondo angelico.
Nella propria impostura, Satana si pone incessantemente di fronte al Cristo e ricerca in lui involontariamente la verifica di se stesso e la comprensione e il raggiungimento della sua propria immagine. E l’odio e l’invidia di questa sua impotente emulazione diventano sempre più il pungolo e il tormento dell’amore; ciò continuerà fino a quando questa sofferenza non avrà raggiunto la propria pienezza”
Questa sconfitta di Lucifero davanti al Cristo e alla Madre di Dio, secondo Bulgakov, produrrà il pentimento, il ritorno di Satana alla vita.
Tommaso d’Aquino afferma nella Summa Theolgiae  che nell’inferno non c’è vera eternità, ma piuttosto tempo. Il male ha a che fare con l’ambito del non essere, il fatto che il Diavolo esprime assenza di relazioni stabili non si può dire persona (essere per). Se il diavolo (da diaballo, dividere) dovesse essere separato, sarebbe lui a vincere, perché la separazione era quello che volle fare peccando contro la luce. Egli volle dividere l’essere in due, se così fosse sarebbe la sua vittoria. Quindi necessariamente il Diavolo è destinato alla conversione, a vedere le sue tenebre interiori sbaragliate dall’irrompere della forza della luce divina.
In questa prospettiva l’inferno rappresenta uno stadio in cui si rimane legati, nella maniera più dolorosa, al tempo. Questa concezione teologica considera la misericordia divina uguale alla giustizia nel senso che Dio resta fedele a se stesso nel suo Essere datore di vita. Ciò che per noi immersi nel tempo è separato, per l’Eterno non lo è. Il giudizio divino sarà comunque finalizzato alla vita eterna[1], perché Dio non conosce altro che dare la vita.
Ponendosi in questa prospettiva ci si trova d’accordo con i padri della Chiesa: Clemente Alessandrino, Origene, Gregorio di Nissa e Massimo il confessore, con Barth e Bonhoeffer (teologia protestante), con Bulgakov e Berdjaev (teologia russa), con von Balthasar e Theilhard de Chardin (teologia cattolica) e latri.
Tutti questi teologi hanno sentito che lo Spirito di Dio parlava in una cosa precisa: la salvezza universale. E’ vero che l’imperatore Giustiniano ha fatto si che la dottrina della Chiesa condannasse l’apocatastasi, ma è ancora più vero che bisogna obbedire allo Spirito più che agli uomini.



[1] Nel Nuovo Testamento si parla sempre di vita eterna e mai di morte eterna ma di “seconda morte”. Il fuoco eterno menzionato in Mt 25 sta a significare il fuoco dell’eternità di Dio che tormenta i diavoli e i suoi seguaci nei secoli.