martedì 28 maggio 2013

Apocalisse 15-16

LE SETTE COPPE
Il canto di Mosè
1 E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l'ira di Dio.
2Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e 3cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell'Agnello:
«Grandi e mirabili sono le tue opere,
Signore Dio onnipotente;
giuste e vere le tue vie,
Re delle genti!
4O Signore, chi non temerà
e non darà gloria al tuo nome?
Poiché tu solo sei santo,
e tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giudizi furono manifestati».
I sette flagelli
5E vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della Testimonianza; 6dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto con fasce d'oro. 7Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro, colme dell'ira di Dio, che vive nei secoli dei secoli. 8Il tempio si riempì di fumo, che proveniva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non fossero compiuti i sette flagelli dei sette angeli.
v. 1 E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l'ira di Dio.
Con il segno dei sette angeli che versano le sette coppe si compie il furore divino, l’intervento decisivo che determina il superamento della cattiva relazione con Dio.Il termine castigo in greco pleghè indica un colpo violento, una piaga prodotta a causa del peccato. Gli angeli stanno per eseguire una bella lezione, il cosiddetto “castigo pedagogico”.Questi castighi sono legati allo schema delle piaghe d’Egitto, solo che  riguarderanno il mondo intero e saranno gli ultimi perché si concludono con l’annientamento dei nemici di Dio in modo definitivo.
v. 2 Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. 
 Il mare di cristallo: il mare simbolo del male, simile al cristallo come la volta del cielo, è stato vinto e reso solido. I vincitori (144000) infatti, possono stare in piedi sul mare, segno che sono risorti. Essi hanno vinto sulla Bestia attraverso il martirio.
Misto a fuoco: simbolo dello Spirito Santo che sta per purificare il mondo
v. 3 cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell'Agnello:
«Grandi e mirabili sono le tue opere,
Signore Dio onnipotente;
giuste e vere le tue vie,
Re delle genti!
Cantavano il canto di Mosè e il cantico dell’Agnello…: L’uscita dei cristiani da Babilonia coincide con l’uscita degli ebrei dall’Egitto. Questo cantico unisce quello dell’Esodo a quello dell’Agnello, Re di tutta l’umanità.

v. 4  O Signore, chi non temerà
e non darà gloria al tuo nome?
Poiché tu solo sei santo,
e tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giudizi furono manifestati
Tu solo sei santo: il termine usato per santo è hosios e non aghios, che mette in evidenza la moralità, le virtù. Tu solo sei esemplare nella virtù, moralmente retto. Dio sta per riportare la creazione alla giustizia originaria. I tuoi giusti giudizi si sono manifestati per esprimere il giusto rapporto che l’uomo deve avere con Dio.

v. 5 E vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della Testimonianza
Il cielo si apre: indica un processo di rivelazione, viene stabilito un collegamento tra cielo e terra. In Giovanni c’è un collegamento tra l’Arca dell’Alleanza e l’inaugurazione del regno messianico con la venuta di Gesù. La Tenda della Testimonianza esprime l’incontro tra Dio e l’uomo.

v. 6 dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto con fasce d'oro: Escono dal tempio per dire che gli Angeli sono l’emanazione diretta della volontà di Dio, sono vestiti di lino puro indica la veste sacerdotale, cinti al petto di cinture d’oro ricorda l’abito di Gesù, indicando la partecipazione all’ufficio sacerdotale e lo troviamo anche in Dn 10,5 infatti, era segno per qualificare gli amici del re.

v. 7 Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro, colme dell'ira di Dio, che vive nei secoli dei secoli
le sette coppe d’oro: indica che sono divine, queste coppe provengono dal culto liturgico celeste. Sono vasi per l’aspersione che ricorda la festa giudaica della purificazione (Yom Kippur).Sette indica la completezza dell’intervento di Dio contro la corruzione del mondo.

v. 8 Il tempio si riempì di fumo, che proveniva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non fossero compiuti i sette flagelli dei sette angeli
Il tempio si riempì del fumo... è la classica immagine della teofania. Appare significativa l'espressione nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli. Siamo ormai alla conclusione. Poi si potrà nuovamente accedere al tempio e arrivare alla piena comunione con il Signore.Il fumo, come la nube indica la presenza di Dio nella sua maestà e potenza, ma anche nella sua ira. D’ora in poi non è possibile sfuggire al castigo divino e nessuna intercessione sarà più ammessa per impedire l’esecuzione dei castighi.

Capitolo 16
Le prime quattro coppe
1 E udii dal tempio una voce potente che diceva ai sette angeli: «Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio».
2Partì il primo angelo e versò la sua coppa sopra la terra; e si formò una piaga cattiva e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua.
3Il secondo angelo versò la sua coppa nel mare; e si formò del sangue come quello di un morto e morì ogni essere vivente che si trovava nel mare.
4Il terzo angelo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue. 5Allora udii l'angelo delle acque che diceva:
«Sei giusto, tu che sei e che eri,
tu, il Santo,
perché così hai giudicato.
6Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti;
tu hai dato loro sangue da bere:
ne sono degni!».
7E dall'altare udii una voce che diceva:
«Sì, Signore Dio onnipotente,
veri e giusti sono i tuoi giudizi!».
8Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. 9E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria.

Le altre coppe
10Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore 11e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.
12Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente. 13Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti impuri, simili a rane:14sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare i re di tutta la terra per la guerra del grande giorno di Dio, l'Onnipotente.
15Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e custodisce le sue vesti per non andare nudo e lasciar vedere le sue vergogne.
16E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn.
17Il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: «È cosa fatta!». 18Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. 19La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 20Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. 21Enormi chicchi di grandine, pesanti come talenti, caddero dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché davvero era un grande flagello.

v.1 E udii dal tempio una voce potente che diceva ai sette angeli: «Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio
Il settenario delle trombe fa da modello al settenario delle coppe.
Gran voce per esprimere l’autorevolezza degli eventi ordinati. Le coppe dell’ira di Dio che vengono versate su coloro che abitano la terra sono flagelli di tipo medicinali in vista della conversione.

v. 2 Partì il primo angelo e versò la sua coppa sopra la terra; e si formò una piaga cattiva e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua
La prima coppa produce un effetto parziale in quanto la piaga "dolorosa e maligna" (che può essere una pestilenza) colpisce solo gli adoratori della bestia, proprio perché hanno disonorato il corpo con il marchio. Dov’è il marchio, li colpirà l’ulcera. Questo castigo lo troviamo anche in Dt 28,35, rappresenta il giudizio contro l’idolatria.

v. 3 Il secondo angelo versò la sua coppa nel mare; e si formò del sangue come quello di un morto e morì ogni essere vivente che si trovava nel mare.
Questa coppa è indirizzata in particolare contro la bestia, perché ne colpisce il regno, il mare. Infatti, la bestia era uscita proprio dal mare. La potenza di Roma, che si identifica con la bestia, si fondava proprio sul dominio dei mari, conquistato dopo aver sconfitto Cartagine. Anche ai nostri giorni chi domina il mare ha la supremazia sulle altre nazioni e la vittoria. Le acque diventano mortifere perché fanno riferimento agli spiriti maligni.

v.4 Il terzo angelo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue: la terza coppa riguarda gli esecutori umani della Bestia colpevoli dell’uccisione dei santi. Sangue nelle acque, a testimonianza di tutto il sangue che hanno voluto spargere e adesso Dio dà loro da bere sangue invece di acqua per esprimere la loro mortalità.

v.5 Allora udii l'angelo delle acque che diceva:
«Sei giusto, tu che sei e che eri,
tu, il Santo,
perché così hai giudicato.
L’angelo delle acque: Al tempo della stesura dell'Apocalisse era diffusa l'opinione che gli angeli presiedessero ai vari elementi (come l'acqua, il fuoco, la terra, eccetera).L’Angelo proclama il vero significato del flagello: la giustizia di Dio.
v. 6-7 Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti;
tu hai dato loro sangue da bere:
ne sono degni!».
E dall'altare udii una voce che diceva:
«Sì, Signore Dio onnipotente,
veri e giusti sono i tuoi giudizi
Questa è la giustizia retributiva in senso stretto, in base alla quale la pena viene commisurata al reato commesso. Dio ci provoca alla conversione, ad avere consapevolezza del male commesso e, di conseguenza, a pentirci e a convertirci.

v. 8-9 Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria
Il sole, che è una delle creature bellissime di Dio, appare quasi come una potenza malefica perché  gli fu concesso il potere di bruciare gli uomini con il fuoco. Il sole inverte il suo ruolo e da benefico diventa malefico. E' quasi un ribaltamento della creazione. Anche in Malachia il giorno del Signore è caratterizzato anche dal sole che brucia i superbi (cfr. Ml 3). Ci troviamo di fronte, ( v. 9) al tema della conversione: gli uomini, invece di ravvedersi per rendergli omaggio, bestemmiano Dio perché manda il flagello. In sostanza questa è gente che non guarda le cose con gli occhi della fede e non si chiede il motivo del flagello e neppure se non debba cambiare la propria vita.

v.10-11 Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore 11e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei loro dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.
La quinta coppa riguarda il male, nella sua radice di corruzione, il trono della bestia è oscurato dall’intervento giudiziale di Dio. Ma, anche qui, gli uomini  continuano a bestemmiare il Signore anziché pentirsi delle loro azioni. Come l’Agnello siede sul trono, anche l’Anticristo siede sul trono di suo padre il Diavolo, il suo potere terreno subisce le conseguenze del flagello e gli uomini si mordevano la lingua segno di disperazione.

v. 12-13-14 Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il grande fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente. Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti impuri, simili a rane: sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare i re di tutta la terra per la guerra del grande giorno di Dio, l'Onnipotente
Il sesto angelo, versando la sesta coppa sul fiume Eufrate, lo prosciuga. L'Eufrate costituiva il confine naturale dell'impero romano verso oriente ed impediva alle orde barbariche di sconfinare. Il prosciugamento delle sue acque sarebbe servito per preparare il passaggio ai re dell'oriente e quindi la battaglia dell’Anticristo (v. 12).I re dell’Anticristo vengono dall’Oriente, cioè dalla stessa parte da dove viene Cristo. Comincia ora a delinearsi il grande scontro finale. Questo prosciugamento assomiglia a quel del mar Rosso e fiume Giordano, ma è di segno opposto, in questo caso le truppe dell’Anticristo danno inizio alla battaglia. Per la prima volta compaiono insieme il drago, la bestia e il falso profeta, la triade satanica (v. 13). Con l'immagine delle rane viene richiamata una delle piaghe d'Egitto. Teniamo presente che era allora diffusa la convinzione che le rane avessero una particolare predisposizione ad incarnare gli spiriti immondi. Il fatto che escano dalla bocca è un’altra scimmiottatura dell’attività creativa di Dio.
Alla guerra del grande giorno di Dio Onnipotente: Dio permetterà che tutti i suoi nemici si radunino in un solo luogo per distruggerli in un solo colpo. L’espressione gran giorno proviene da Gioele e da altri profeti per esprimere il giorno grande e tremendo in cui Dio trionferà sul male e sull’iniquità e ripristinerà il suo regno.

v. 15 Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e custodisce le sue vesti per non andare nudo e lasciar vedere le sue vergogne: L’immagine del ladro che ritroviamo nel Vangelo (Mt 24,43-44 e Lc 12,39-40) qui assume la forma della terza beatitudine sulla vigilanza, tipica di colui che è sempre pronto all'incontro con Dio realtà eterna. Beato chi custodisce l’abito nuziale, la vita di intima unione con Dio, per non andare nudo, a mani vuote senza la grazia di Dio. Colui che è privo della veste nuziale viene gettato "fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.". Indossare la veste significa esse pronti per la grande festa del regno dei cieli.

v. 16 E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn: Il luogo dello scontro finale è Harmaghedon che significa “monte di Meghiddo[1]” che in ebraico significa incontro. Questa città che si trova vicino al monte Carmelo, è posta ai margini della pianura di Esdrelon in Galilea. Questo significa che questa battaglia avverrà in un luogo dove Dio è presente ed essi incontreranno lì la sua potenza e la sua giustizia. Harmaghedon segnerà la fine dell’impero dell’Anticristo e la restaurazione delle condizioni paradisiache. Allora Meghiddo, luogo dello scontro in cui le potenze infernali daranno  il meglio di sè, diventa come un contraltare al monte Sion dove invece sono radunate le potenze dei vittoriosi (i centoquarantaquattromila).

v.17 Il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: «È cosa fatta!». 
La settima coppa corrisponde alla settima tromba, in cui si celebra il compimento del mistero di Dio e l’avvento del regno messianico. La voce divina che proviene dal trono afferma che il progetto di Dio si è realizzato. Il fatto che viene versata nell’aria indica il luogo dell’incontro con Cristo Risorto.

18Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. 19La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 20Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono.
Il grande terremoto giunge sempre alla fine dei settenari per indicare l’irruzione della novità della Pasqua di Cristo che annuncia morte e risurrezione; giudizio e salvezza.
Questo terremoto è più violento degli altri visti in precedenza in riferimento ai peccati commessi, il castigo medicinale sarà unico in quanto va a colpire Babilonia, la città dell’Anticristo. I danni che il terremoto provoca a Babilonia sono il preludio alla distruzione totale del vecchio mondo, infatti le città delle nazioni esprime la morte delle città pagane, capitali dei regni pagani alleati all’Anticristo. Bere la coppa di vino dell’ira è riferita agli adoratori della Bestia.
Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono: la mano di Dio colpisce ciò che sembra più solido: le montagne e le isole. La loro scomparsa indica che il globo terrestre ritorna allo stato amorfo che precedeva l’opera creativa di Dio, per lasciare posto alla nuova creazione.

v.21 Enormi chicchi di grandine, pesanti come talenti, caddero dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché davvero era un grande flagello.
la grandine che scende dal cielo esprime il cielo divino che opera con la sua mano pesante. Gli uomini, nonostante questo grande flagello, bestemmiano Dio invece di pentirsi delle loro azioni. Questo ci ricorda l’ostinatezza del Faraone e degli egiziani nel riconoscere l’intervento di Dio. La sconfitta terrena dell’immoralità di Babilonia e la sua perdizione irrevocabile è monito per tutti gli uomini ancora viventi e giustizia per le tribolazioni dei martiri.









[1] Il sito è stato teatro di grandi battaglie, ma una in particolare ha segnato la tradizione biblica nel 609 a.C. vi morì in battaglia il re Giosia, mentre tentava di fermare l’esercito egiziano che stava andando in aiuto al re d’Assiria sul fiume Eufrate (2Re 23,29-30)

mercoledì 22 maggio 2013

Apocalisse 14


 I redenti della terra
1 E vidi: ecco l'Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. 2E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. 3Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. 4Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l'Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello. 5Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.
Tre annunci
6E vidi un altro angelo che, volando nell'alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. 7Egli diceva a gran voce:
«Temete Dio e dategli gloria,
perché è giunta l'ora del suo giudizio.
Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e le sorgenti delle acque».
8E un altro angelo, il secondo, lo seguì dicendo:
«È caduta, è caduta Babilonia la grande,
quella che ha fatto bere a tutte le nazioni
il vino della sua sfrenata prostituzione».
9E un altro angelo, il terzo, li seguì dicendo a gran voce: «Chiunque adora la bestia e la sua statua, e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, 10anch'egli berrà il vino dell'ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. 11Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome». 12Qui sta la perseveranza dei santi, che custodiscono i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.
13E udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono».
Mietitura e vendemmia
14E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d'uomo: aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. 15Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura». 16Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch'egli una falce affilata.18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». 19L'angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. 20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.

v. 1 E vidi: ecco l'Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo

l'Agnello in piedi sul monte Sion: l’agnello qui è ritto per esprimere la sua risurrezione, come un re circondato da tutto lo splendore. La posizione eretta ribadisce la posizione vitale del vincitore.  Il monte Sion è la sede del Messia, il luogo dove Gesù giudicherà tutti gli uomini. Secondo Gioele 3,5 il monte Sion è il luogo della salvezza escatologica, il luogo degli “scampati”, gli uomini che Dio risparmierà. Il recare scritto sulla fronte il nome di Cristo e il Padre  suo corrisponde al sigillo di Dio. Segno di appartenenza che esprime l’unione personale con Dio.
insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo
I 144000 che abbiamo trovato nel cap.7 sono il vero popolo di Dio in mezzo alle tribolazioni. Sono coloro che hanno raggiunto la perfezione nell’aderire pienamente a tutta la rivelazione cristiana. Alcuni interpreti ritengono che i centoquarantaquattromila siano coloro che hanno abbracciato lo stato di verginità (interpretazione letterale), quelli che fin dall'inizio della Chiesa sono vissuti in tale stato di vita. Sono i salvati, primizia di tutto il popolo di Dio che seguono nella loro vita la dinamica dell’offerta di sé. Altri studiosi invece (interpretazione più valida), risalendo ai testi profetici che parlano dell'idolatria usando il termine prostituzione (vedere Osea), sostengono che ci troviamo di fronte al simbolo dell'idolatria.   

v. 2 E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. v. 3 Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra.

un fragore di grandi acque: deriva dalla descrizione profetica di Ez 1,24; 43,2)
forte tuono: richiama la voce di Dio, fenomeni tipici delle teofanie.

I centoquarantaquattromila sono gli unici che possono capire il cantico nuovo, ossia il cantico di lode all'Agnello vittorioso, quindi il cantico della resurrezione. Solo i redenti possono accogliere la rivelazione divina.

v. 4 Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l'Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello. v. 5 Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.
Le donne indicate nel brano sono da intendere come prostitute, come simboli degli idoli. Di conseguenza i centoquarantaquattromila sarebbero coloro che si sono mantenuti fedeli al Signore, che non hanno macchiato le loro vesti prostituendosi alle divinità, che non sono menzogneri - in senso biblico -. E' il caso di ricordare che essere menzogneri vuol dire l'opposto di essere puri di cuore, sinceri.
seguono l'Agnello dovunque vada: percorrono la stessa strada che Lui ha fatto giungendo fino al Golgota.
primizia: si riferisce alla pratica dell’offerta a Dio del primo raccolto o del primo nato. Con tale simbolo Paolo definisce il Cristo Risorto primizia dei risorti.

v. 6 E vidi un altro angelo che, volando nell'alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. 7Egli diceva a gran voce:
«Temete Dio e dategli gloria,
perché è giunta l'ora del suo giudizio.
Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e le sorgenti delle acque».
Gli angeli annunziano l'ora del giudizio sull’impero del male dell’Anticristo. Notiamo la parola "vangelo" (buona novella). E' l'unica volta che nell'Apocalisse compare questo termine. La bella notizia è che Dio vuole salvare tutti gli uomini solo per mezzo di Gesù Cristo (il Vangelo del Regno che sarà annunciato in tutto il mondo cfr. Mt 24,14). L’ora del giudizio annunciato a gran voce è il temere Dio Creatore. La salvezza dell’uomo è nell’adorazione di Dio da cui deriva ogni bene: guarigione e liberazione da qualunque male.

v. 8 E un altro angelo, il secondo, lo seguì dicendo:
«È caduta, è caduta Babilonia la grande,
quella che ha fatto bere a tutte le nazioni
il vino della sua sfrenata prostituzione».
Babilonia la grande: simbolo della città dell’Anticristo dove risiede la corruzione e l’idolatria. Grande perché ha diffuso a livello mondiale il vino della sua prostituzione. Babilonia è la città prostituta per eccellenza, che simboleggia Roma, la quale - secondo Tacito - era ricettacolo di tutte le nefandezze. Questa metropoli era vista a quei tempi da un lato come caput mundi e dall'altro come un luogo estremamente corrotto. Roma al culmine della sua potenza e della sua espansione territoriale, secondo l'Apocalisse, era già sconfitta.

v. 9 E un altro angelo, il terzo, li seguì dicendo a gran voce: «Chiunque adora la bestia e la sua statua, e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, v. 10 anch'egli berrà il vino dell'ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello.
Il terzo angelo annuncia la punizione agli idolatri che seguono la bestia. Bere il calice dell’ira è un’espressione tipica dell’A.T per esprimere l’intervento di Dio nella storia (cfr. Is 51,17.22; Ez 23,32-34) a cui si aggiungono il fuoco e lo zolfo per sottolineare l’orrore del castigo (cfr. Gn 19,24-28). Al cospetto degli angeli santi indica il loro essere testimoni di questo castigo con cui celebrano la giustizia di Dio. Nel giudaismo si afferma che i giusti assisteranno al castigo degli empi.

v. 11 Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome: con questa espressione si vuole indicare il tormento eterno.

v. 12 Qui sta la perseveranza dei santi, che custodiscono i comandamenti di Dio e la fede in Gesù: al rifiuto di essere segnati dal marchio corrisponde la persecuzione dei fedeli dell’Anticristo; da ciò la necessità della loro perseveranza. In questo caso si evoca la costanza dei santi che vengono uccisi a causa della loro fede.

v. 13 E udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono».
Ai santi che hanno rifiutato le tentazioni della Bestia è riservata la seconda delle sette beatitudini: chi muore nel Signore, passerà direttamente al suo regno, sono fin d’ora partecipi della prima risurrezione. "Riposeranno" va inteso nel senso che ci sarà per i santi il riposo dalla testimonianza faticosa (martirio). Infatti essi raggiungeranno il premio(il regno promesso) perché non saranno più tormentati dal nemico che voleva costringerli ad abiurare. Da questo punto di vista i santi hanno finito di faticare.

v. 14 E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d'uomo: aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata
Ecco il cuore della struttura settenaria, compare il segno della trascendenza e della vita divina (la nuvola bianca) su cui, in atteggiamento di autorità (seduto) troneggia il Figlio dell’Uomo, il Messia annunciato che porta la vittoria (corona d’oro) e il giudizio sul mondo (falce affilata).

v. 15 Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: “Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura”
Un angelo esce dal tempio per indicare le preghiere dei santi martiri che sollecitano Cristo ad agire. L’angelo invita a mietere, un chiaro riferimento alla zizzania (Mt. 13) che sarà bruciata al momento del raccolto dopo la sua separazione dal grano. Si tratta di una parabola decisamente apocalittica nel senso che ci parla del giudizio divino.Si può riconoscere l’influsso anche di Gl 4,13 che annuncia il giorno del giudizio divino.

v. 16 Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.
L’ora del giudizio è giunto perché la terra è matura, la malvagità degli uomini è giunta al colmo ed è completo anche il numero degli eletti. Gesù qui raccoglie i buoni e lascia i cattivi che verranno mietuti.
v. 17 Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch'egli
una falce affilata. V. 18 Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». 
Questo secondo angelo che ha potere sul fuoco, ovvero colui che cura l’efficacia dei sacrifici, sia in senso ascendente perché arrivino fino a Dio, sia in senso discendente, perché portino ala benedizione agli uomini. Una descrizione del giudizio come vendemmia la ritroveremo in Ap. 19 ed esprime meglio la punizione dei malvagi. Infatti la visione della vendemmia e della pigiatura è descritta in Gl 4 in cui si assiste al massacro che Dio farà dei nemici d’Israele nella valle di Giosafat. La falce affilata indica un intervento forte e dirompente di Dio per colpire i malvagi.

v. 19 L'angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. V. 20 Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.
Il grande tino è il torchio dell’ira di Dio che richiama il calice dell’ira di Is. 51,17. E’ giustificabile vedere un riferimento alla passione di Gesù, nel torchio non ha pestato i suoi nemici, ma è stato Lui stesso schiacciato come vittima del male, bevendo il calice dell’ira divina al posto nostro. Fuori della città richiama il luogo del sacrificio di Cristo, luogo dove normalmente venivano uccisi i martiri e dove Gesù stesso è morto (il Calvario, infatti, era fuori dalla cinta muraria di Gerusalemme). Il suo sangue è un nuovo Mar Rosso che ferma la cavalleria infernale (cfr, Ap 9,1-12) ed estende i propri effetti salvifici all’estremità della terra.
milleseicento stadi: numero che rappresenta il prodotto di quaranta per quaranta. Conosciamo, ormai, la pregnanza simbolica di questo numero (i quarant'anni di Israele nel Sinai, i quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto...) che ci richiama immediatamente un momento difficile e bello allo stesso tempo. Difficile, come camminare nel deserto e subire tutte le prove attraversate dal popolo d'Israele; bello perché Dio guida il suo popolo. Alcuni studiosi lo interpreta come il quadrato di 4 per 100 che designa simbolicamente la totalità della superficie terrestre.