giovedì 15 novembre 2012

Apocalisse Capitolo 1

Prologo e visione inaugurale   


1 Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, 2 il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. 3 Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e osservano le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino.

v. 1 Rivelazione
La parola iniziale αποκαλυψις, rivelazione, sta ad indicare l'argomento dell'intero libro. Questa parola significa svelare, scoprire, togliere il velo a qualcosa. Quindi il termine indica l’atto di togliere un velo portando alla luce quanto era coperto. Questa rivelazione coinvolge il destinatario poiché rende possibile l’intervento diretto della volontà di Dio.

di Gesù Cristo
Il genitivo di può essere usato sia in senso soggettivo che in senso oggettivo: nel primo caso è Gesù Cristo il soggetto che rivela, mentre nel secondo è l’oggetto rivelato.

al quale Dio la consegnò
Questa rivelazione è consegnata dal Padre a Gesù Cristo.

per mostrare ai suoi servi
Gesù è testimone perché il Signore gli ha dato da comunicare ciò che Cristo stesso ha visto e sentito. Nell'Apocalisse tutto è rivelazione di Gesù che si serve di un uomo, Giovanni, per trasmettere le "cose" ai suoi servi.
Questi servi (δουλος ) sono i cristiani che nella Sacra scrittura sono definiti gli schiavi di Cristo. A quel tempo uno schiavo era tenuto ad obbedire ad ogni cosa al suo padrone. Gesù, secondo la Scrittura, ci ha comprati così come ai suoi tempi si faceva per gli schiavi dal nostro vecchio padrone, Satana. Quindi i servi sono i destinatari dell’Apocalisse, coloro che leggono e ascoltano la parola come vedremo nel versetto 3.
Potremmo dire, sintetizzando, che:
1)     il protagonista è Gesù;
2)     il mediatore è Giovanni;
3)     i destinatari sono i servi.
E' così spiegato anche il ruolo della Chiesa che ancora oggi funge da mediatrice, come Giovanni, fra Cristo e i suoi servi.

le cose che dovranno accadere tra breve
Questa frase è una formula tecnica del linguaggio apocalittico che risale al profeta Daniele: colui che svela i misteri ha voluto farti conoscere ciò che dovrà avvenire” (Dn 2,29). Questi eventi che cominceranno immediatamente sono guidati da Dio, (l’uso del verbo dovere che ricorre spesso nel N.T. indica il piano di Dio che inevitabilmente si compie) e si prolungheranno fino alla fine dei tempi.
Il termine tra breve in greco εν ταχει indica nel linguaggio escatologico la certezza dell’intervento divino. Gli ultimi eventi sono imminenti, non in senso cronologico,ma psicologico. Le cose annunciate si compiranno con assoluta sicurezza e di conseguenza il cristiano è chiamato a prepararsi nella condotta di vita.
ed egli la manifestò,
Il verbo manifestò è tradotto in greco εσημανεν che è l'aoristo attivo indicativo del verbo σημαινω significa "rivelare attraverso segni o simboli" quindi in forma simbolica. Qui si precisa il linguaggio semantico dell’intero libro.

inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni
Gesù invia il messaggio a Giovanni, attraverso un angelo[1], secondo alcuni lo stesso Gabriele che aveva parlato a Daniele, Zaccaria e a Maria. Dio Padre mostra questa profezia a Gesù che, attraverso l'angelo, la fa conoscere a Giovanni che, a sua volta, la darà alla Chiesa

v. 2 il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. 
Il verbo attestare in greco è εμαρτυρησεν che significa testimoniò. Giovanni afferma chiaramente che ciò che ha visto non è una sua invenzione o una sua allucinazione, ma ciò che Gesù stesso gli ha rivelato e testimoniato. Questa asserzione rende tutto il Libro davvero Parola di Dio, quindi privo di errore che dice il vero.  Sarà quindi una buona idea ascoltare ciò che insegna e metterlo in pratica.

v. 3 Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e osservano le cose che vi sono scritte
E’la prima delle sette beatitudini dell’Apocalisse: si celebra la felicità che nasce dalla proclamazione comunitaria di questa profezia. Siamo nel contesto di una “liturgia della Parola” in cui il lettore proclama un testo a un gruppo di ascoltatori che mettono in pratica quella parola ascoltata.
Ciò indica che il libro è destinato alla Chiesa che dovrà leggerlo nelle pubbliche adunanze affinchè i fedeli trovino le parole di vita capaci di sostenerli nella dura lotta che li attende.
il tempo infatti è vicino
Questa espressione tra breve si avvicina all’espressione: "Perché il tempo è vicino" in cui è contenuta una parola-chiave usata non solo nell'Apocalisse, ma in tutto il Nuovo Testamento: il regno di Dio è vicino, e’ questo il momento favorevole. In greco tempo è "Kairòs" anziché "Cronos" che significa il "tempo decisivo", "il momento cruciale" in cui si deve fare una scelta. E solitamente nel N.T. indica il momento in cui si deve scegliere Cristo o gli altri. Qui "Kairòs" significa anche l'oggi, il passato, ma anche il futuro, tutti i tempi in cui si deve prendere una decisione. E’ vicino significa che è già qui, è iniziato e include la sua piena realizzazione dentro di noi.
Saluto epistolare
Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.

v. 4 Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia
L’intera opera si presenta come un’epistola indirizzata alla comunità cristiana: il mittente è Giovanni e le destinatarie sono le sette chiese situate nella provincia romana dell'Asia. Questa provincia che si trovava in Asia Minore,l'attuale Turchia, corrispondeva ad una delle zone più evangelizzate del tempo, quelle in cui il Vangelo aveva meglio attecchito e in cui la popolazione cristiana era maggiore. La parola επτα, sette, indica la perfezione e la completezza e ricorre 55 volte in questo libro conclusivo della Bibbia. Le sette chiese, forse le più numerose della provincia romana di Asia, rappresentano la totalità delle Chiese, ovvero ogni comunità cristiana di qualunque tempo e in qualsiasi luogo.  

grazia a voi e pace
Giovanni con "grazia" e "pace" coniuga due culture diversissime fra loro: la greca ("grazia") e l'ebraica ("pace", "shalom"). L'autore dell'Apocalisse con tale saluto ci sta dicendo che Gesù Cristo ha costituito un solo popolo. Ed è una formula che ci indica la pienezza della salvezza; concetto che sottintendeva sempre "shalom", parola con un chiaro significato religioso e con la quale si augura la salvezza.

da Colui che è, che era e che viene
Questo modo di indicare Dio deriva dalla formula antica “Io sono colui che sono” (Es. 3,14). Il terzo elemento non è al futuro e non è il verbo essere perché qui Dio non è presentato come solo come colui che esiste da sempre, ma anche colui che interviene attivamente e attualmente nella storia nell’attesa messianico-escatologica.

e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono
Secondo la tradizione giudaica, questi sette spiriti sono i sette angeli che stanno davanti a Dio, detti angeli superiori “del volto o della presenza” (cfr.Tb12,15).  La tradizione della Chiesa li riconosce come i sette arcangeli in base ad una icona raffigurante gli arcangeli nella piazza della Cattedrale di Palermo denominata “piazza sett’Angeli”.

v.5 e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra
Gesù realizza perfettamente le promesse fatte dal Padre, egli è il garante degno di fede, perché ha offerto agli uomini la rivelazione della propria conoscenza di Dio Padre, e proprio perché figlio “primogenito dei morti” generato nella risurrezione è divenuto il primo tra molti fratelli e quindi primizia di vittoria sulla morte di tutti coloro che aderiscono a Lui. Intronizzato alla destra del Padre, Gesù è il principe dei re della terra che ha potere su tutti i regnanti e gli compete la suprema potestà nel mondo, avendo Egli ricevuto in eredità tutte le genti (cfr Sal. 2,6-9; Sal. 109,5 e At. 13,33). I re della terra lo acclameranno come principe sovrano, quando scopriranno che Egli era prima di loro (alfa) e sarà dopo di loro (omega), e lo riconosceranno come il Signore Dio, l'Onnipotente.

v. 5b A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue
v. 6 che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
L’assemblea risponde con una dossologia “a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen”in onore del Cristo celebrato per tre motivi: ci ama che sottolinea lo stato abituale della relazione amorosa che lega il Cristo alla sua Chiesa; ci ha liberati qui il verbo liberare in greco deriva da λουω che significa lavare, riferimento al battesimo con il quale i cristiani partecipano alla morte e risurrezione di Cristo; infine ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre che indica la comunità cristiana appartenente totalmente al padre di Gesù cristo e di condividere con Lui la funzione sacerdotale di mediazione e di salvezza. Tutto i cristiani sono sacerdoti poiché collaborando con Cristo sacerdote sono chiamati a fare della storia il regno di Dio.

v. 7 Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto.  
Questo versetto fa riferimento a due testi anticotestamentari: la visione del Figlio dell'uomo in Dn 7 e la misteriosa figura del trafitto in Zc 12 ,10 e i testi evangelici di Mc. 13,26 e Gv. 19,37. La comunità è invitata ad accorgersi della venuta gloriosa del Signore, mediante la sua trascendenza (le nubi)[2] e  attraverso la sapienza del Cristo Crocifisso che invita tutti coloro che lo hanno disprezzato ed eliminato, a riconoscersi peccatori ma con la speranza di essere salvati. La venuta del Figlio dell'uomo è intesa come il compimento del giudizio di Dio sul mondo. Tutti gli increduli, le nazioni pagane riconosceranno Gesù quale Messia e avranno la possibilità  di convertirsi.

Sì, Amen!
E' una tipica formula liturgica che in ebraico indica fondamento e solidità. La comunità che ascolta risponde, esprimendo il proprio assenso, la propria fiducia in Dio.

v. 8 Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene
Con la prima e l'ultima lettera greca si vuole indicare il principio e il fine di ogni storia. Qui, al termine del dialogo, parla Dio in prima persona con l'espressione “Io sono”, per la mediazione di Giovanni che parla in suo nome. Dio è Colui che viene perché interviene nello sviluppo della storia portandola al suo compimento.

l’Onnipotente!
Il termine greco è composto da Pant (tutto) e il verbo kratew (dominare, tenere con forza), nella Settanta era adoperato per tradurre il termine ebraico Yahvè Sabaoth, Dio degli eserciti e talvolta El shaddai, Dio dei campi.

Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa. Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d'oro 

Visione preparatoria dell’autore

v. 9 Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.

Io, Giovanni
Giovanni in prima persona racconta alla comunità una forte esperienza che egli ha vissuto e ha determinato la composizione del libro.

vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù
Giovanni si fa solidale con tutti i fratelli delle comunità che si trovano tutti sottoposti alle persecuzioni dei romani. Egli condivide con loro  la responsabilità regale, la capacità di sostenere le prove.

mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.
Giovanni si trova nell’isola di Patmos[3] obbligato da un’autorità contraria, probabilmente, secondo le  fonti patristiche, sta subendo la condanna dell’imperatore Domiziano alla fine del I secolo.  La causa di questa condanna è la fedeltà alla Parola di Dio e l’attiva opera di testimonianza.

v. 10 Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba

Fui preso dallo Spirito
Potremmo tradurre mi ritrovai nello Spirito, fui rapito nello Spirito. Sicuramente Giovanni entra in uno stato soprannaturale, probabilmente si trova in un luogo mistico dove può vedere il futuro. Esperienze simili furono fatte da Pietro (At. 10,10-15), da Paolo (2Co 12,1-4), da Filippo (At. 8,39) e dallo stesso Gesù nel deserto (Mt 4,1-11). Di certo nella Bibbia l'uso di questa terminologia indica che ci troviamo di fronte a un intervento divino legato a una rivelazione, a una missione.

nel giorno del Signore
Giovanni si trova nel giorno terribile del Signore che nell’A.T. è il giorno in cui Dio viene a giudicare il mondo, ma è anche la domenica, il giorno della resurrezione, del trionfo della vita sulla morte. Non per niente la domenica è definita "il giorno primo" e "il giorno ottavo". E' il primo giorno, il segno della novità di vita ma anche il giorno ottavo, nel senso escatologico del compimento dei tempi (la venuta di Gesù).

e udii dietro di me una voce potente, come di tromba
L’esperienza ch fa Giovanni di una voce potente che ordina di mettere per iscritto , ci  ricorda al riguardo la grande teofania del Sinai (Es.19,16; 33,23; 34,27).

v. 11 che diceva: Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa.
Quello che vedi: il verbo usato in greco indica una percezione fisica delle cose e designa le visioni soprannaturali.
mandalo alle sette Chiese: questa visione è sì per le sette Chiese elencate ma è anche per la Chiesa nella sua totalità. Senza la Chiesa particolare non esiste la Chiesa universale e viceversa.
a Efeso, a Smirne…: I messaggi indirizzate a queste Chiese di queste città fanno emergere tre aspetti in questione:
1 -    tensioni esistenti all'interno delle comunità cristiane,
2 -    tensioni con il giudaismo,
3 -    tensione con il potere imperiale, con Roma.

v. 12 Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi: Il verbo voltarsi dal greco epistrefw indica un cambiamento di posizione e talvolta richiama una conversione, soprattutto un ritorno a Dio. Analogie le troviamo in Paolo in 2Co 3,16 e nel racconto della Maddalena al sepolcro (Gv20,14.16). Il primo verbo vedere blepw indica una semplice percezione fisica, successivamente viene impiegato il verbo oraw per indicare l’esperienza della fede. Questi due verbi ci mostrano il cammino di fede del discepolo che da una visione superficiale passa ad una visione più profonda e dettagliata. Ciò indica un processo di maggior comprensione da parte di Giovanni, il quale attraverso un cambiamento ora riesce a vedere in senso nuovo e pieno le Scritture.

sette candelabri d'oro: Il primo oggetto della visione è un simbolo liturgico, ci ricorda la menorah ma qui il famoso candelabro a sette bracci, che faceva parte dell’arredamento del tempio, si è trasformato in sette lucernieri o lampadari che corrispondono alle sette chiese. Da ciò si evince il passaggio dall’antica liturgia ebraica alla nuova liturgia del nuovo popolo di Dio celebrata nella Chiesa.

Visione del Figlio di uomo

e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d'uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. 14I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. 15I piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque.16Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza.
17Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, 18e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. 19Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito. 20Il senso nascosto delle sette stelle, che hai visto nella mia destra, e dei sette candelabri d'oro è questo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese, e i sette candelabri sono le sette Chiese.


v. 13 e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d'uomo
Il titolo figlio dell’uomo fa riferimento alla figura misteriosa del messia-giudice nella visione di Dn  7,13-14 che è identificato dalla teologia cristiana con Gesù Cristo per esprimere la sua condizione divina, poiché colui che ha dimostrato di essere pienamente umano è pienamente divino.
con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro
Nella Settanta questo abito è usato per indicare un paramento sacerdotale (cfr. Es.28,4), quella del Sommo Sacerdote. La veste lunga è anche quella indossata da un giudice. La fascia d’oro al cinto simboleggia l’autocontrollo, la vigilanza, la prontezza al combattimento. Quando Cristo apparirà eserciterà una giustizia rigorosa.

v. 14 I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve: I capelli bianchi indicano l’anzianità e quindi l’autorevolezza e la saggezza. Il bianco indica anche la purezza in riferimento alla mente pura di Gesù priva di qualsiasi male. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco: qui è ripreso un particolare di Dn 10,6 per indicare uno sguardo vivace e penetrante. Questo sguardo di fuoco comunica discernimento e sicuro giudizio per scrutare gli affetti e i pensieri degli uomini.

v. 15 I piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo: questi piedi indicano forza e stabilità, il bronzo e il rame sono l’immagine del giudizio divino (cfr. Nu 21,4-9; Gv 3,14-16).
la sua voce era simile al fragore di grandi acque: questo rumore di grandi acque che fa pensare alle cascate o a un fiume impetuoso sta ad indicare la parola autorevole di Gesù che fa tacere ogni altra voce e fa convertire qualunque persona lo ascolti.

v. 16 teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio: In questo versetto l’autore spiega che Gesù ha in mano, in suo potere (la destra) la Chiesa. Le sette stelle sono i sette Vescovi delle comunità asiatiche. La spada a doppio taglio che esce dalla sua bocca è spesso nella Scrittura simbolo della Parola di Dio che esprime il giudizio. Giudicherà con giustizia i miseri e percuoterà con la verga della sua bocca l’uomo iniquo.
e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza: qui è possibile riconoscere un’allusione al finale del cantico di Debora (Gdc 5,31) in cui si evoca la forza del sole che sorge.

v.17 Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto: Giovanni davanti ad un fenomeno così abbagliante cade a terra, la stessa cosa accade agli apostoli  nella Trasfigurazione (cfr. Mt 17,6).
Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo v.18 e il Vivente: La mano destra che Gesù pone su Giovani e la stessa che conteneva le sette stelle, per esprimere la stessa cura amorevole, ma allo stesso tempo autorevole che Egli ha per la Chiesa, lo ha per ogni creatura rappresentata da Giovanni.

Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo…: Gesù si presenta con il nome stesso di Dio “Io sono”, principio e fine della creazione e come il Dio Vivente (v.18), ciò sta a significare che il Logos-Figlio ha la vita in se stesso indipendentemente dalla creazione. Questi attributi sono gli stessi riferiti al Dio d’Israele che troviamo in Is.44,6; 48,12 e Ger.10,10. In questo modo Gesù si presenta come l’unico criterio di lettura di tutta la storia umana.

v. 18 Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi
Ero morto: l’originale è divenni cadavere, questo denota il fatto storico della morte di Cristo che viene contrapposta all’eternità divina. Segue subito l’affermazione per contrasto al presente ora vivo.

Ho le chiavi della morte e degli inferi: l’immagine delle chiavi, corrente nel giudaismo, dice che il personaggio ha un potere ed esercita un dominio, che è il potere stesso di Dio. Il termine inferi  ade in greco sheol in ebraico è il mondo sotterraneo, la prigione in cui sono trattenuti i defunti. Gesù, il Signore ha il potere di aprire quella porta degli inferi che tiene i morti lontani da Dio. Gesù affermando di avere le chiavi, asserisce di avere l’ultima parola sulla condanna eterna.

v. 19 Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito:Giovanni scrive queste visioni che riguardano il passato, il presente e il futuro perché questa profezia abbraccia tutta la realtà del tempo.

v. 20 Il senso nascosto delle sette stelle, che hai visto nella mia destra, e dei sette candelabri d'oro è questo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese, e i sette candelabri sono le sette Chiese: La spiegazione proposta segue un tipico modello apocalittico e precisa che le stelle sono simboli degli angeli. Le comunità terrestri hanno dei corrispondenti celesti. Nel contesto culturale dell’epoca identificare una stella con un angelo costituiva una verità religiosa. Inoltre il capo della comunità il Vescovo era considerato l’angelo della sua chiesa per evocare il carattere trascendente della sua missione di annuncio (angelo significa messaggero) e di illuminazione (stella/lucerniere).













[1] Il ministero angelico è un elemento classico del genero apocalittico. Angelo significa messaggero, colui che porta personalmente il messaggio di Dio,  poiché egli ha accettato liberamente la volontà di Dio.

[2] La nube indica il mistero della presenza di Dio che salva. Vedi Es.13,21: la colonna di nube che guidava di giorno il popolo eletto

[3] Una piccola isola rocciosa del mar Egeo, distante 100 Km dalle coste di Efeso. Plinio attesta che i Romani ne avevano fatto una colonia penale. E quelli che vi erano confinati dovevano lavorare nelle miniere o nelle cave di marmo. Gli scrittori ecclesiastici del secondo secolo riferiscono che l'apostolo Giovanni vi era stato relegato a motivo della sua fedeltà e del suo zelo nel predicare  la parola di Dio

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