domenica 17 marzo 2013

Apocalisse 8


Apertura del settimo sigillo
1 Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz'ora.2E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e a loro furono date sette trombe. 3Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. 4E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. 5Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto.

v.1 Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo:  Dopo l’apertura del settimo sigillo vi è una sospensione, un silenzio. Poi vengono date 7 trombe a 7 angeli. In tal modo, proprio quando si credeva di essere giunti alla fine, ci si ritrova in realtà solo all’inizio di un nuovo settenario. Nei profeti dell’A.T. la venuta del Signore per un giudizio è sempre introdotta con un riferimento al silenzio (cfr. Abacuc 2,20; Sofonia 1,7; Zaccaria 2,13).
per circa mezz'ora: Giovanni non dice che tale silenzio in cielo dura mezz’ora, ma dice che è un silenzio "come" di mezz’ora, una metà di qualcosa. Il periodo dimezzato più importante nel testo è la "mezza settimana" di giorni o di anni (tre anni e mezzo). Tale periodo di tempo dimezzato deriva da Daniele, dove indica la durata della persecuzione: nell’Apocalisse sembra fare riferimento ad un periodo di sopraffazione dei santi sulla terra da parte delle forze del male. Il periodo di silenzio in cielo corrisponderebbe al periodo di persecuzione sulla terra e dopo verrebbero date le trombe agli angeli.

v. 2 vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio: Gli angeli qui sono i 7 arcangeli che la tradizione ebraica chiama angeli della faccia, angeli della presenza, cioè un gruppo di angeli, in numero di sette, che erano a contatto diretto con Dio, stavano sempre alla presenza di Dio (cfr. Tb 12,15; cfr. Lc 1,19).
a loro furono date sette trombe: Il suono delle trombe[1] presso gli Ebrei annunciavano la guerra (Ger 4,5), le feste (Num. 10,2 ecc.) e nella Bibbia esse annunziano i grandi avvenimenti. Le 7 trombe ripetono, in una sorta di parallelismo, lo Stesso movimento dei 7 sigilli. Anche il contenuto è molto simile. Ma non è pura ripetizione: le immagini variano e le sciagure sembrano aumentare di intensità, é come se si avvicinano, a spirale, verso un centro.

v. 3 Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono
Leggiamo in proposito Esodo 30,1 e 30,7-10 in cui si parla di un altare che funge da luogo di lode perenne a Dio, con un incenso che brucia sempre. Ma è anche il luogo dove una volta all'anno il sacerdote compie il rito dell'espiazione per i peccati di tutto il popolo. L'incenso, mischiato ai profumi e bruciato sull'altare d'oro e offerto insieme con le preghiere di tutti i Santi, rappresenta una ripresa dei riti di espiazione e di perdono. Il contesto è liturgico ma ben delimitato: prima c'era la lode, adesso ci sono l'espiazione e il perdono. L’altare d’oro è quello degli aromi, situato nel Santo dei Santi, si trovava immediatamente presso l’Arca, ritenuta a sua volta, il trono di Dio (Es 25,22). Nel tempio terreno esistevano due altari: quello dei sacrifici, cioè delle offerte cruente, rivestito di rame o bronzo (cfr. Es 27,2; 38,2) e quello "degli incensi o aromi" usato esclusivamente per l’offerta degli aromi, che era rivestito d’oro (cfr. Es 30,1-10; 37,25).
v. 4 dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi: Giovanni sta dicendo che il culto celeste, cioè la liturgia angelica che è il modello di quella terrena, comporta un unico altare, dove ha luogo l’offerta perfetta, quella gradita a Dio, che è l’offerta di profumi cioè di preghiere.

v. 5 Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: Probabilmente questo angelo è uno di quelli che, come dice Raffaele a Tobia (12,15) sono incaricati di offrire le preghiere dei santi. Il gesto dell’Angelo richiama quello descritto in Ez 10,2, dove si dice che un angelo prese dei carboni accesi dal carro dei Cherubini e li gettò su Gerusalemme per indicarne la distruzione imminente. Il fatto che il fuoco dell’altare viene "scagliato" sulla terra, contiene sicuramente una valenza di punizione. Il gesto dell’angelo è la conseguenza di un giudizio divino, che comporta tremende punizioni per i malvagi. Il profumo dell’incenso che sale verso il Signore e poi il fuoco disceso sulla terra, significa che le preghiere dei giusti perseguitati che supplicavano, sono state esaudite. 
ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto: ecco la risposta alle preghiere: sulla terra abbiamo le condizioni tipiche delle teofanie, cioè della manifestazione del Signore: "scoppi di tuoni…”.Ciò significa che esiste una comunicazione tra terra e cielo. Il Signore quindi accetta le nostre preghiere e le purifica da tutti i nostri egoismi per farle poi ricadere sulla terra, manifestando così la sua divina presenza.





[1] La tromba ("shofar") era ricavata da un grande corno d'ariete e il suo suono veniva udito a notevole distanza. Nell'Antico Testamento serviva essenzialmente per due scopi: 1) liturgico. Infatti questo strumento era usato per acclamare la regalità di Dio nelle liturgie solenni, tanto è vero che nelle teofanie dell'Esodo, quando Dio si presentava, si udiva sempre il suono delle trombe. Sappiamo anche che una grande tromba veniva adoperata per convocare il popolo alla liturgia nelle maggiori solennità;
2) guerresco. Le trombe chiamavano all'adunata e davano poi il segnale d'inizio dell'attacco. Abbiamo una commistione di uso liturgico e guerresco in un episodio del'Antico Testamento che descrive la caduta delle mura e la successiva conquista della città di Gerico. In proposito è opportuno leggere Giosuè 6, 1-20.

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