mercoledì 13 marzo 2013

Apocalisse 7,10-17


Apocalisse 7,10-17

E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello».
11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». 14Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. 15Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
16Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
17perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

v. 10 E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello: Inizia la liturgia celeste con un’acclamazione che ribadisce l’opera salvifica congiunta di Dio e dell’Agnello: soltanto loro possono salvare.
Queste parole erano cantate dai pellegrini durante la processione (evidente è il riferimento al salmo 118 (Liturgia per la festa delle capanne).

v.11-12 E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Al grido dei redenti si unisce poi un canto cosmico che attribuisce a Dio sette elementi: tre rappresentano il movimento discendente dell’azione divina (sapienza, potenza e forza) e quattro il movimento ascendente della risposta umana (lode, gloria,  azione di grazie e onore).

v.13 Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?
La domanda dell’anziano è di pura formalità. Serve a mettere in mostra la particolare solennità della rivelazione.

v.14 Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello”:
Si tratta del grande "Giorno ultimo", in cui le sofferenze arriveranno al parossismo, per lasciare poi nascere la nuova era. L’idea viene ripresa da Mc 13,19 . Il martirio, per Giovanni, è la forma suprema e perfetta della fedeltà cristiana. Quando viene detto che hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello è facile pensare al "battesimo di sangue", al martirio rosso. Questi sono coloro che sono passati attraverso la Grande Tribolazione che è concomitante con la venuta dell’Anticristo; sono quelli che non hanno adorato la bestia, né ricevuto il suo segno. La tribolazione nel linguaggio apocalittico indica un momento doloroso causato dall’irruzione divina. La tribolazione per eccellenza è la passione di Cristo, mentre la sofferenza della Chiesa ne è continuazione e imitazione. Secondo alcuni questa grande tribolazione sarebbero i dolori, le tribolazioni, le persecuzioni del popolo di Dio, in ogni tempo. La Chiesa infatti non mancherà mai di essere perseguitata come ogni cristiano, ma queste persecuzioni e tribolazioni nella loro globalità non si possono paragonare alla ferocia della persecuzione dell’Anticristo. "Molti hanno visto in queste parole l’accenno a qualche persecuzione di carattere storico (Nerone, Domiziano) oppure quella finale dell’Anticristo. La grande tribolazione allude, forse, alle persecuzioni scatenate da Diocleziano. Essi sono coloro che vengono dalla grande tribolazione". Da notare il verbo all’indicativo: vengono che non implica che essi continuano ad arrivare, ma che sono arrivati di recente; questa visione infatti è relativa al momento in cui la grande tribolazione sarà terminata. Questa è un’altra dimostrazione che non ci si riferisce a tutte le grandi tribolazioni, ma ad una avvenuta di recente. 

v. 15 Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio: qui abbiamo il vero culto spirituale attraverso l’incontro personale e diretto con Dio, l’adorazione è ininterrotta (giorno e notte) perché la comunità stessa diventa tenda della presenza di Dio per sempre.
e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro: Questo particolare della tenda si ritroverà nella nuova Gerusalemme; è l’evocazione di una presenza divina, espressa dalla parola scekina. La stessa parola, abitazione sotto la tenda, evoca la festa delle capanne (tabernacoli, secondo il vocabolo abituale) che ricordano le palme. "Il verbo usato "skenoun", significa alzare la tenda. "Skene" che traduce "miskan", connota una presenza durevole; tale è pure il senso della parola in Ap 7,15 e Ap 21,3: Dio risiederà in modo permanente e definitivo in mezzo ai suoi. L’immagine della tenda è tolta dall’antico tabernacolo mosaico. Con questa immagine si vuol dire che Dio li farà abitare in essa e, quindi in senso metaforico, che Dio dispiega su loro la Sua presenza e la Sua protezione, mettendoli a parte della Sua gioia e della Sua felicità
v.16 Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna: C’è una parentela evidente col passo di Isaia che dice: "Non avranno più fame, né sete, e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha pietà di loro, li guiderà e li condurrà alle sorgenti d’acqua" (Is 49,10).Verranno affrancati da tutti i limiti delle creature. È più facile descrivere ciò che in cielo non c’è più come limitazione creaturale, che non quello che ci sarà.

v. 17 perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi:
L’acqua è simbolo della vita eterna e della salvezza. In Ap 21,4 ricompare il tema del dono dell’acqua viva. Qui è da notare che il ruolo decisivo di Dio-Pastore è ora svolto in modo paradossale dall’Agnello: egli è il centro del progetto divino perché “sta in mezzo al trono”. Il rito dell’acqua era importantissimo nella festa delle capanne. Il sacerdote, infatti, alle prime luci dell'alba andava ad attingere l'acqua, che veniva poi portata in grandi recipienti all'altare dove era benedetta in quanto sarebbe stata la fonte di vita per l'anno successivo. L'acqua benedetta avrebbe dovuto portare la vita, avrebbe dovuto essere una sorgente nuova.
Dio tergerà ogni lacrima: La frase è citazione di Is 25,8. Dalla felicità del cielo sarà bandita ogni tristezza e ogni affanno e vi sarà solo gioia perfetta. Anticipando la promessa di Ap 21,4 applicata alla Gerusalemme celeste, si annunzia già adesso che le lacrime saranno cancellate per sempre .



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