mercoledì 27 marzo 2013

Apocalisse 8,6-13


Le prime quattro trombe

6I sette angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle.
7Il primo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata.
8Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, 9un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.
10Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. 11La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare.
12Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.
13E vidi e udii un'aquila, che volava nell'alto del cielo e che gridava a gran voce: «Guai, guai, guai agli abitanti della terra, al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!».


Il settenario delle trombe
Le sette trombe, con troppa evidenza richiamano l’analogia con le 10 piaghe d’Egitto e simboleggiano il graduale cedimento dei nemici di Dio, seguito dalla sconfitta definitiva. Il tema fondamentale delle trombe è l’annuncio di un prossimo intervento di Dio.  Dio interviene in favore del suo popolo, tendendo a distruggere il male che lo ostacola (cfr. Gioele 2,30), così ora, finalmente, come in Isaia (14,12) questi interventi divini assumono, nell’ambito della storia, nomi e forme concrete. Tutti sanno che le 10 piaghe d’Egitto non furono affatto simboliche! S. IRENEO, a questo proposito, afferma: "Tutto l’Esodo dall’Egitto del popolo di Dio, fu figura ed immagine dell’Esodo della Chiesa fuori delle nazioni. D’altra parte, se si esamina con attenzione quanto le profezie dicono della fine e ciò che Giovanni /.../ ha visto nell’Apocalisse, si costata che tutte le nazioni subiranno quelle stesse piaghe che un tempo colpirono il solo Egitto" (Adv. Haer., 4,30,4).

Le prime 4 trombe
Nelle prime 4 trombe viene colpita la natura inanimata, il cosmo fisico, gli elementi del mondo (terra, mare, acque dolci, astri) e gli uomini sono lesi solo per contraccolpo, indirettamente. Invece le ultime tre trombe colpiscono direttamente gli uomini.

v. 7 Il primo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra:
Il primo Angelo col suo squillo introduce una sciagura planetaria che rimanda alla settima piaga d’Egitto (cfr. Es 9,22-26), quella della grandine e dei fulmini a cui ora si allega anche una pioggia di sangue, cosa che non si ebbe in Egitto. Secondo qualcuno questo potrebbe significare che ciò cagionerà la morte di molti sulla terra e così si spiegherebbe il "sangue"; ma si dimentica che quando la grandine e il fuoco cadono - nel testo - essi sono già mescolati al sangue, prima di colpire la terra! Grandine e fuoco già costituivano la 7ª piaga d’Egitto. L’Apocalisse accentua la severità del flagello, aggiungendo la menzione del sangue, forse sotto l’influsso di Gl 3,3-4 (citato in At 2,19), che annuncia tra i segni della fine quello della luna che si tramuterà in sangue.
Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata: La terza parte indica che il castigo non è ancora definitivo. E’ un indizio di parzialità e limitatezza (cfr. Zc 13,8), in parte legato alle speculazioni sul numero de gli angeli caduti (cfr. 12,4).

v. 8 Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare: Questo giudizio divino è più severo del primo. Una massa simile ad una gran montagna di fuoco fu scagliata nel mare. Si può trattare di una massa infuocata avente le dimensioni di una montagna. Un meteorite? Bisogna intendere che dall’alto cade un corpo celeste? Il castigo precedente colpisce la terra, questo invece colpisce il mare, cambiato in sangue, come il Nilo al tempo della prima piaga e, come allora, tutti i pesci muoiono. Il disastro, però, non tocca tutto il mare, ma solo un terzo di esso "1/3 del mare diventò sangue".Richiama la prima piaga d’Egitto (cfr. Es 7,20-21) le acque cambiate in sangue. Si può notare che questo flagello (Ap 8,8) è proprio uguale alla 2ª Coppa: "Il secondo angelo versò la sua coppa nel mare che diventò sangue come quello di un morto e peri ogni essere vivente che si trovava nel mare" (Ap 16,3).

v. 10-11 Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella,ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare.
Questo flagello colpisce i fiumi e le sorgenti d’acqua dolce. La causa di questo inquinamento è nella caduta di una specie di asteroide, denominato simbolicamente "Assenzio", un termine che indicava un liquore amaro (cfr. Geremia 9,14-16; 23,15) e che poteva essere sinonimo di "veleno". Qui si fa allusione piuttosto all’episodio delle "acque amare" che gli Ebrei incontrarono nel deserto durante la loro marcia verso la terra promessa (Es 15,23-26). Molti uomini morirono per quelle acque, perché erano divenute amare, cioè velenose (cfr. Es 15,23; 2 Re 2,19). Il Nome Assenzio evoca un veleno mortale  che Geremia minacciava di dare al popolo idolatra(cfr. Ger 9,14; 23,15). Le acque amare dovrebbero essere una ripresa delle acque di Mara (Es 15,23 e contesto). A conclusione dei fatti di Mara, Dio promette agli Israeliti, se osserveranno tutte le sue leggi, di non colpirli con le infermità che aveva rovesciato sugli Egiziani (Es 15,26). A proposito del fuoco che cade sulla terra, nel libro del profeta Isaia troviamo spiegato perché viene mandato il fuoco: "La terra è stata profanata dai suoi abitanti, perché hanno trasgredito le leggi, hanno disobbedito al decreto, hanno infranto l’alleanza eterna. Per questo la maledizione divora la terra, i suoi abitanti ne scontano la pena; per questo sono bruciati gli abitanti della terra e sono rimasti solo pochi uomini" (Is 24,5-6). Una dopo l’altra, le parti più stabili e più necessarie del cosmo vengono colpite. Ma il carattere parziale del castigo mostra che si tratta ancora dì un semplice preavviso. Al suono delle prime tre Trombe vi è sempre del "fuoco" o qualcosa di ardente che è gettato, ovvero, cade, sulla terra, nel mare, nei fiumi e sorgenti. Si sviluppa, quindi, l’immagine dei versetti precedenti, in cui l’Angelo getta fuoco sulla terra.

v. 12 Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente: Questo giudizio ricorda la nona piaga d’Egitto (cfr. Es 10,21-23; cfr. Salmo 104,28) che consisteva in una notte di tre giorni (Es 10,21). Il tema dell’oscurarsi improvviso del giorno si trova ben attestato nei testi profetici e apocalittici (cfr. Is 13,10; Ger 4,23; Ez 32,7; Gl 3,4; 4,15). Con la quarta tromba si passa dalla terra al cielo. Qui però le tenebre non regnano ancora su tutto l’orizzonte: solo un terzo della luce quotidiana è annientato. Abbiamo qui un anomalo funzionamento dei corpi celesti. Il fatto richiama alla mente i profeti che parlano spesso di oscuramento della luce del giorno (Amos 8,9; 5,20; Gioele 2,30-31; cfr. Atti 2,20); nel vangelo alla morte di Gesù (cfr. Lc 23,44). E) C’è chi dà una interpretazione simbolica: l’eclissi straordinaria che oscura il sole della Rivelazione cristiana, la luna della sapienza umana e le stelle (i santi, i dottori, i pastori) della Chiesa cattolica. Comunque con la quarta tromba c’è sicuramente l’accenno a un danneggiamento fisico subito da una componente del cosmo, il cielo.

v. 13 E vidi e udii un'aquila, che volava nell'alto del cielo e che gridava a gran voce: Per Giovanni l’aquila è un animale con valore positivo (il quarto degli esseri viventi è un’aquila: le due ali di aquila sono date alla Donna che si rifugia nel deserto). Visto poi che sempre "nell’alto del cielo", cioè nello stesso mezzo, si incontra anche un altro angelo (Ap 14,6) è possibile che quest’aquila in realtà sia un angelo, o che simboleggi un angelo. L’immagine dell’aquila è ricorrente nell’A.T. a significare la cura, insieme forte e amorosa, dispiegata da Dio a favore di Israele, in particolare proprio nella liberazione dall’Egitto (cfr. Es 19,4; Dt 32,11).
Guai, guai, guai agli abitanti della terra, al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare:  L’aquila è anche un uccello da preda (Mt 24,28). Essa è in genere l’emblema del giudizio divino che piomba sugli uomini come l’aquila piomba sulla preda (cfr. Deut 28,29; Abacuc 1,8). Essa annuncia i tre restanti flagelli, annunciati dalle tre restanti trombe; flagelli inauditi ad opera di potenze demoniache.

domenica 17 marzo 2013

Apocalisse 8


Apertura del settimo sigillo
1 Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz'ora.2E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e a loro furono date sette trombe. 3Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. 4E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. 5Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto.

v.1 Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo:  Dopo l’apertura del settimo sigillo vi è una sospensione, un silenzio. Poi vengono date 7 trombe a 7 angeli. In tal modo, proprio quando si credeva di essere giunti alla fine, ci si ritrova in realtà solo all’inizio di un nuovo settenario. Nei profeti dell’A.T. la venuta del Signore per un giudizio è sempre introdotta con un riferimento al silenzio (cfr. Abacuc 2,20; Sofonia 1,7; Zaccaria 2,13).
per circa mezz'ora: Giovanni non dice che tale silenzio in cielo dura mezz’ora, ma dice che è un silenzio "come" di mezz’ora, una metà di qualcosa. Il periodo dimezzato più importante nel testo è la "mezza settimana" di giorni o di anni (tre anni e mezzo). Tale periodo di tempo dimezzato deriva da Daniele, dove indica la durata della persecuzione: nell’Apocalisse sembra fare riferimento ad un periodo di sopraffazione dei santi sulla terra da parte delle forze del male. Il periodo di silenzio in cielo corrisponderebbe al periodo di persecuzione sulla terra e dopo verrebbero date le trombe agli angeli.

v. 2 vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio: Gli angeli qui sono i 7 arcangeli che la tradizione ebraica chiama angeli della faccia, angeli della presenza, cioè un gruppo di angeli, in numero di sette, che erano a contatto diretto con Dio, stavano sempre alla presenza di Dio (cfr. Tb 12,15; cfr. Lc 1,19).
a loro furono date sette trombe: Il suono delle trombe[1] presso gli Ebrei annunciavano la guerra (Ger 4,5), le feste (Num. 10,2 ecc.) e nella Bibbia esse annunziano i grandi avvenimenti. Le 7 trombe ripetono, in una sorta di parallelismo, lo Stesso movimento dei 7 sigilli. Anche il contenuto è molto simile. Ma non è pura ripetizione: le immagini variano e le sciagure sembrano aumentare di intensità, é come se si avvicinano, a spirale, verso un centro.

v. 3 Poi venne un altro angelo e si fermò presso l'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme alle preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono
Leggiamo in proposito Esodo 30,1 e 30,7-10 in cui si parla di un altare che funge da luogo di lode perenne a Dio, con un incenso che brucia sempre. Ma è anche il luogo dove una volta all'anno il sacerdote compie il rito dell'espiazione per i peccati di tutto il popolo. L'incenso, mischiato ai profumi e bruciato sull'altare d'oro e offerto insieme con le preghiere di tutti i Santi, rappresenta una ripresa dei riti di espiazione e di perdono. Il contesto è liturgico ma ben delimitato: prima c'era la lode, adesso ci sono l'espiazione e il perdono. L’altare d’oro è quello degli aromi, situato nel Santo dei Santi, si trovava immediatamente presso l’Arca, ritenuta a sua volta, il trono di Dio (Es 25,22). Nel tempio terreno esistevano due altari: quello dei sacrifici, cioè delle offerte cruente, rivestito di rame o bronzo (cfr. Es 27,2; 38,2) e quello "degli incensi o aromi" usato esclusivamente per l’offerta degli aromi, che era rivestito d’oro (cfr. Es 30,1-10; 37,25).
v. 4 dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi: Giovanni sta dicendo che il culto celeste, cioè la liturgia angelica che è il modello di quella terrena, comporta un unico altare, dove ha luogo l’offerta perfetta, quella gradita a Dio, che è l’offerta di profumi cioè di preghiere.

v. 5 Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: Probabilmente questo angelo è uno di quelli che, come dice Raffaele a Tobia (12,15) sono incaricati di offrire le preghiere dei santi. Il gesto dell’Angelo richiama quello descritto in Ez 10,2, dove si dice che un angelo prese dei carboni accesi dal carro dei Cherubini e li gettò su Gerusalemme per indicarne la distruzione imminente. Il fatto che il fuoco dell’altare viene "scagliato" sulla terra, contiene sicuramente una valenza di punizione. Il gesto dell’angelo è la conseguenza di un giudizio divino, che comporta tremende punizioni per i malvagi. Il profumo dell’incenso che sale verso il Signore e poi il fuoco disceso sulla terra, significa che le preghiere dei giusti perseguitati che supplicavano, sono state esaudite. 
ne seguirono tuoni, voci, fulmini e scosse di terremoto: ecco la risposta alle preghiere: sulla terra abbiamo le condizioni tipiche delle teofanie, cioè della manifestazione del Signore: "scoppi di tuoni…”.Ciò significa che esiste una comunicazione tra terra e cielo. Il Signore quindi accetta le nostre preghiere e le purifica da tutti i nostri egoismi per farle poi ricadere sulla terra, manifestando così la sua divina presenza.





[1] La tromba ("shofar") era ricavata da un grande corno d'ariete e il suo suono veniva udito a notevole distanza. Nell'Antico Testamento serviva essenzialmente per due scopi: 1) liturgico. Infatti questo strumento era usato per acclamare la regalità di Dio nelle liturgie solenni, tanto è vero che nelle teofanie dell'Esodo, quando Dio si presentava, si udiva sempre il suono delle trombe. Sappiamo anche che una grande tromba veniva adoperata per convocare il popolo alla liturgia nelle maggiori solennità;
2) guerresco. Le trombe chiamavano all'adunata e davano poi il segnale d'inizio dell'attacco. Abbiamo una commistione di uso liturgico e guerresco in un episodio del'Antico Testamento che descrive la caduta delle mura e la successiva conquista della città di Gerico. In proposito è opportuno leggere Giosuè 6, 1-20.

mercoledì 13 marzo 2013

Apocalisse 7,10-17


Apocalisse 7,10-17

E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello».
11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». 14Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. 15Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
16Non avranno più fame né avranno più sete,
non li colpirà il sole né arsura alcuna,
17perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

v. 10 E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello: Inizia la liturgia celeste con un’acclamazione che ribadisce l’opera salvifica congiunta di Dio e dell’Agnello: soltanto loro possono salvare.
Queste parole erano cantate dai pellegrini durante la processione (evidente è il riferimento al salmo 118 (Liturgia per la festa delle capanne).

v.11-12 E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Al grido dei redenti si unisce poi un canto cosmico che attribuisce a Dio sette elementi: tre rappresentano il movimento discendente dell’azione divina (sapienza, potenza e forza) e quattro il movimento ascendente della risposta umana (lode, gloria,  azione di grazie e onore).

v.13 Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?
La domanda dell’anziano è di pura formalità. Serve a mettere in mostra la particolare solennità della rivelazione.

v.14 Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello”:
Si tratta del grande "Giorno ultimo", in cui le sofferenze arriveranno al parossismo, per lasciare poi nascere la nuova era. L’idea viene ripresa da Mc 13,19 . Il martirio, per Giovanni, è la forma suprema e perfetta della fedeltà cristiana. Quando viene detto che hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello è facile pensare al "battesimo di sangue", al martirio rosso. Questi sono coloro che sono passati attraverso la Grande Tribolazione che è concomitante con la venuta dell’Anticristo; sono quelli che non hanno adorato la bestia, né ricevuto il suo segno. La tribolazione nel linguaggio apocalittico indica un momento doloroso causato dall’irruzione divina. La tribolazione per eccellenza è la passione di Cristo, mentre la sofferenza della Chiesa ne è continuazione e imitazione. Secondo alcuni questa grande tribolazione sarebbero i dolori, le tribolazioni, le persecuzioni del popolo di Dio, in ogni tempo. La Chiesa infatti non mancherà mai di essere perseguitata come ogni cristiano, ma queste persecuzioni e tribolazioni nella loro globalità non si possono paragonare alla ferocia della persecuzione dell’Anticristo. "Molti hanno visto in queste parole l’accenno a qualche persecuzione di carattere storico (Nerone, Domiziano) oppure quella finale dell’Anticristo. La grande tribolazione allude, forse, alle persecuzioni scatenate da Diocleziano. Essi sono coloro che vengono dalla grande tribolazione". Da notare il verbo all’indicativo: vengono che non implica che essi continuano ad arrivare, ma che sono arrivati di recente; questa visione infatti è relativa al momento in cui la grande tribolazione sarà terminata. Questa è un’altra dimostrazione che non ci si riferisce a tutte le grandi tribolazioni, ma ad una avvenuta di recente. 

v. 15 Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio: qui abbiamo il vero culto spirituale attraverso l’incontro personale e diretto con Dio, l’adorazione è ininterrotta (giorno e notte) perché la comunità stessa diventa tenda della presenza di Dio per sempre.
e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro: Questo particolare della tenda si ritroverà nella nuova Gerusalemme; è l’evocazione di una presenza divina, espressa dalla parola scekina. La stessa parola, abitazione sotto la tenda, evoca la festa delle capanne (tabernacoli, secondo il vocabolo abituale) che ricordano le palme. "Il verbo usato "skenoun", significa alzare la tenda. "Skene" che traduce "miskan", connota una presenza durevole; tale è pure il senso della parola in Ap 7,15 e Ap 21,3: Dio risiederà in modo permanente e definitivo in mezzo ai suoi. L’immagine della tenda è tolta dall’antico tabernacolo mosaico. Con questa immagine si vuol dire che Dio li farà abitare in essa e, quindi in senso metaforico, che Dio dispiega su loro la Sua presenza e la Sua protezione, mettendoli a parte della Sua gioia e della Sua felicità
v.16 Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna: C’è una parentela evidente col passo di Isaia che dice: "Non avranno più fame, né sete, e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha pietà di loro, li guiderà e li condurrà alle sorgenti d’acqua" (Is 49,10).Verranno affrancati da tutti i limiti delle creature. È più facile descrivere ciò che in cielo non c’è più come limitazione creaturale, che non quello che ci sarà.

v. 17 perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi:
L’acqua è simbolo della vita eterna e della salvezza. In Ap 21,4 ricompare il tema del dono dell’acqua viva. Qui è da notare che il ruolo decisivo di Dio-Pastore è ora svolto in modo paradossale dall’Agnello: egli è il centro del progetto divino perché “sta in mezzo al trono”. Il rito dell’acqua era importantissimo nella festa delle capanne. Il sacerdote, infatti, alle prime luci dell'alba andava ad attingere l'acqua, che veniva poi portata in grandi recipienti all'altare dove era benedetta in quanto sarebbe stata la fonte di vita per l'anno successivo. L'acqua benedetta avrebbe dovuto portare la vita, avrebbe dovuto essere una sorgente nuova.
Dio tergerà ogni lacrima: La frase è citazione di Is 25,8. Dalla felicità del cielo sarà bandita ogni tristezza e ogni affanno e vi sarà solo gioia perfetta. Anticipando la promessa di Ap 21,4 applicata alla Gerusalemme celeste, si annunzia già adesso che le lacrime saranno cancellate per sempre .



mercoledì 6 marzo 2013


 Il popolo di Dio
1 Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse vento sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2E vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3«Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».
4E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele:
5dalla tribù di Giuda, dodicimila segnati con il sigillo;
dalla tribù di Ruben, dodicimila;
dalla tribù di Gad, dodicimila;
6dalla tribù di Aser, dodicimila;
dalla tribù di Nèftali, dodicimila;
dalla tribù di Manasse, dodicimila;
7dalla tribù di Simeone, dodicimila;
dalla tribù di Levi, dodicimila;
dalla tribù di Ìssacar, dodicimila;
8dalla tribù di Zàbulon, dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe, dodicimila;
dalla tribù di Beniamino, dodicimila segnati con il sigillo.
9Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.

Introduzione


Prima dell’apertura del settimo sigillo (rimandata al capitolo seguente) una nuova visione mostra una moltitudine di salvati (martiri) in cielo. I martiri cristiani celebrati in questo capitolo sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello. Nel capitolo 7 abbiamo due visioni: 1) Nella prima (vv. 1-8) l’Apostolo ode il numero degli eletti - che sono ancora sulla terra e devono essere segnati col sigillo di Dio per essere preservati dai castighi, che colpiranno gli empi. 2) Nella seconda (vv. 9-17) vede la moltitudine degli eletti che sono già entrati nel cielo e possiedono al gloria.

v. 1 Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse…
I venti impetuosi presso i profeti sono il segno dei castighi divini quando ne ricevono l’ordine - [cfr. Ger 1; 49,36; Dan 7,3; Dan 7,3; Zac 6,5; ecc.] per ora li trattengono, ma sono nell’atteggiamento di chi aspetta solo un segno per lanciare sulla terra la forza devastatrice che rappresenta il giudizio di Dio. Che Dio si serva di Angeli per controllare le forze della natura risulta anche dal Cap 14,18, dove troviamo un angelo che ha potere sul fuoco e al Cap 16 dove troviamo l’angelo delle acque. L’idea che alcuni angeli siano in qualche modo responsabili dei principali fenomeni naturali si trova ben attestata nel tardo giudaismo. Enoc 60,11 enumera spiriti del tuono, del mare, del ghiaccio, della grandine, ecc. Giub. 2,2 segue la stessa strada e la sua lista comprende anche angeli del vento" (L’apocalisse di San Giovanni, traduzione e commento di Pierre Prigent, Borla, 1985, p. 233). B) A entrare in scena per primi sono quattro angeli, posti ai quattro punti cardinali, quindi simili a sentinelle collocate agli estremi della terra. Già nell’A.T. i venti erano visti come messaggeri di Dio (cfr. Sal 104,4; Zc 9,14). Ora si immagina che ai quattro venti siano imposti altrettanti angeli che hanno l’ordine di imbavagliare per un certo tempo questi messaggeri del giudizio divino universale.

v. 2 E vidi salire dall'oriente un altro angelo:  La salvezza viene dall’oriente. L’Eden si trova ad oriente (Gen 2,8); quando Dio torna nel Tempio, la sua gloria viene da levante (Ez 43,2); il re Messia viene dall’oriente (cfr. Sib 3,652). "Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge" (Lc 1,78). I primi cristiani quando pregavano si voltavano verso oriente. Secondo l’escatologia giudaica dall’oriente verrà il paradiso terrestre.
 con il sigillo del Dio vivente: L’Angelo deve imprimere questo sigillo[1] sopra tutti gli eletti per dichiarare che sono proprietà di Dio e che Dio li proteggerà dal castigo. Vari documenti giudaici del tempo comprendono il Tau[2] di Ez 9,4, come un sigillo escatologico che esprime l’elezione, l’appartenenza al popolo santo.  Lattanzio parla di "Cristo immolato per la salvezza di tutti quelli che portano sulla loro fronte il segno (signum) del sangue, ossia la croce”.

E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 
v. 3 Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio.
Questo segno come già il sangue dell’agnello pasquale in Egitto - cfr. Es 12,7 - preserverà i giusti dalle vendette divine contro gli empi. Finché "non abbiamo impresso": viene adoperato il plurale, per far capire che non sarà un solo angelo a compiere quest’opera.  Il sigillo o marchio, nell’antichità veniva impresso a fuoco su persone addette ai servizio di un tempio, di una divinità; erano segnati anche gli schiavi, i soldati, per indicare chi era il loro capo o padrone. Il sigillo faceva riconoscere una persona o una cosa come proprietà di chi lo aveva impresso. Il sigillo sulla fronte lo si incontra di nuovo in Ap 14,1, dove si parla di nuovo degli stessi 144.000 di questo capitolo 7. I servi di Dio, che avranno il sigillo sulla fronte, verranno preservati dall’infedeltà, ma non è detto che verranno sempre preservati dalla morte fisica e dal martirio.

vv. 4-5-6-7-8 E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele:
144.000 = 12x12x1000. Non c’è dubbio che il numero 144.000 non va inteso in senso letterale, ma in senso figurato, simbolico. Si tratta di un numero simbolico per indicare una moltitudine numerosa che fa riferimento alla moltitudine (1000) di chi ha vissuto in pienezza tutto l’insegnamento di Dio (12x12).I 144.000 rappresentano, quindi, l’intero popolo cristiano, l’Israele di Dio, poiché anche l’ordine con cui sono enumerate le 12 tribù d’Israele non è quello che troviamo nelle liste dell’Antico Testamento. (cfr. Num. 2,1-34;19,11-27). Dan è omesso, perché  secondo i Padri, in esso doveva nascere l’anticristo (cfr. S. Ireneo, Adv. Haer., V,30,2; Ippolito, De Antichr., 14, P.G.10, c. 737). La tribù di Dan è tratteggiata come una tribù incline all’idolatria (Giudici 18; 1 Re 12,28-30).

v. 9 Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.

una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua:  Il fatto che la "folla" non sia numerabile significa che essa finalmente realizza la promessa di Dio di dare ad Abramo una discendenza incalcolabile, come "le stelle del cielo" (Gen 15,5 ecc.) e "la sabbia del mare" (Gen 22,17; 32,13)  di ogni nazione, razza, popolo e lingua: si indica così l’universalità della salvezza di Cristo che raggiunge ogni uomo in qualsiasi condizione si trovi.

Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide: Per la prima volta nell’Apocalisse, degli uomini sono ammessi in un luogo dove si svolge il culto celeste: si tratta davvero, come annunciava Ap 5,10, di un popolo sacerdotale. Ed eccoli assumere funzioni sacerdotali. Il testo greco recita di fronte all’Agnello avvolti di stole bianche, come a sottolineare il fatto che svolgono, in cielo, funzioni sacerdotali. Inoltre la veste bianca era stata promessa come premio ai vincitori (Ap 3,4) e ai martiri (Ap 6,11) .

rami di palma nelle loro mani: Nell’antichità ai vincitori dei giochi, agli atleti vittoriosi, si dava spesso una palma segno di gloria.





[1] Nell'antichità con un marchio di fuoco venivano contrassegnati gli animali e gli schiavi, in segno di proprietà, anche gli adepti di particolari culti pagani si facevano imprimere a fuoco il contrassegno del loro Dio.
[2] Nella grafia ebraica più antica aveva la forma di una croce.